INDIA E CINA TRA TERREMOTI E INTERESSI COMMERCIALI
Himalaya e Karakorum, le due più alte catene di montagne, quelle con i 14 Ottomila, sono il frutto dello scontro fra la placca indiana e quella euroasiatica. La prima si infila sotto la seconda, innalzando la linea di confine, composta appunto dalle catene montuose. È quindi normale che quelle regioni siano ad alto rischio sismico. Se si è sentito poco parlare del recente terremoto nell’Hindu Kush, catena che converge verso le altre due, è solo perché nella vastissima area colpita non ci sono città di grandi dimensioni. Ma i Paesi coinvolti sono stati tanti: dall’Afghanistan, al Tagikistan, all’India e al Pakistan, proprio nella sua parte più a Nord, quella delle alte montagne. Ma anche in Nepal le cose non vanno bene: nonostante il terremoto della scorsa primavera abbia avuto una risonanza ben maggiore, e un numero di morti sicuramente molto più alto, alla popolazione di soccorsi ne sono arrivati pochi. Il governo si è tenuto i soldi degli aiuti, invece di spenderli. Ora bisogna sperare che le cose cambino con il nuovo governo e la nuova costituzione. Il segnale dell’elezione di una donna, Bidya Devi Bhandari, alla carica, quasi solo simbolica, di presidente della Repubblica è significativo, ma meno di quel che può sembrare a noi occidentali. Nei Paesi induisti o buddisti, come il Nepal, non c’è la discriminazione di genere.
A Khatmandu continuano a mancare benzina e gas: l’India non li fa arrivare. La Cina ne approfitta per estendere la sua influenza e invia camion cisterna via terra, lungo il fiume Trishuli. Punterà ad aprire definitivamente una via di comunicazione come già ha fatto col Pakistan. Continuando a sognare una ferrovia sotto l’Everest...