La Gazzetta dello Sport

«IO, UN SELVAGGIO FUORI DAGLI SCHEMI: COSI’ VEDO LA VITA»

UN GIORNO CON L’IRIDATO : «INVIDIA, ARROGANZA E AGGRESSIVI­TÀ MI FANNO ARRABBIARE, AMO AIUTARE CHI NE HA BISOGNO»

- di CLAUDIO GHISALBERT­I INVIATO A FONZASO (BELLUNO)

Uno spruzzo, una nuvoletta di colla. Due operaie stendono con cura una decina di pezzi di stoffa, bianca e sottilissi­ma, su cui verrà stampato l’arcobaleno. Cumuli di spolette colorate, e altre donne che guidano, con traiettori­e perfette, altri parti di tessuto sotto l’ago. Disegnano cuciture invisibili e sicure. Peter Sagan guarda ammirato. Cerca di capire i segreti di quegli abiti regali con cui il prossimo anno sfilerà sulle strade di tutto il mondo. Quando altre donne gli chiedono intimidite una foto, lui balza con il sorriso tra loro. Arrossisco­no, e non lo sfiorano neppure. Siamo a Fonzaso, quartier generale della Sportful, l’azienda che al campione del mondo ha dedicato il «Sagan day».

Sagan, chi è il miglior amico in gruppo?

«Non ho un amico, ne ho tanti. Se te li dico tutti, fai un elenco del telefono. Poi non sarebbe giusto dire un nome e non un altro. Facciamo così, ti dico Da Dalto che non è più in gruppo».

Meglio Basso o Nibali?

«La gente sa che sono due grandi campioni. Io posso garantire che sono anche due brave persone. Ivan ho la fortuna che sarà ancora nel mio staff. Vincenzo… chissà in futuro. Magari saremo ancora compagni di squadra».

Dove devi migliorare?

«Non lo so. Quando ho fatto qualcosa di un po’ diverso per crescere e migliorare, andavo più piano. Allora meglio non cambiare niente».

Però la posizione in bici, seppure redditizia, è migliorabi­le.

«Ma dai, qualcosa ho già fatto. Sono tornato alle vecchie misure di quando ero in Liquigas. Quello è il mio stile di pedalare, funziona. O no?».

Sì, soprattutt­o se si pensa a Richmond, è molto redditizia. A proposito, quanti watt hai toccato nello scatto decisivo?

«Non ho ancora avuto il tempo di rivedere e studiare il file del computer. Non ho ancora avuto tempo di fare niente».

In molti sostenevan­o che Sagan non era capace di vincere sopra i 250 km. Risultati alla mano, per dargli torto bisognava fare un atto di fede. Cosa mancava?

«Solo un po’ di fortuna».

Meglio correre rilassati o sotto pressione?

«Se ti metti addosso la pressione, perdi da solo. La maglia iridata non mi stresserà perché non fa andare né più forte, né più piano. E’ solo una cosa bella, un sogno che avevo da bambino e che si è avverato. Quando ci penso, non ho parole».

La cosa che ti dà più fastidio?

«Le critiche dei tifosi se non vinco. Se sono con me, devono sostenermi anche se arrivo secondo o terzo, non criticare. Altrimenti che tifoso sei?».

Se un giovane ti chiedesse come si diventa Sagan?

«Non credo ci sia un metodo, non è una cosa che si studia. Ognuno nasce con le sue caratteris­tiche».

Che cosa pensi di Oleg Tinkov?

«E’ bravo, anche se diverso da quello che sono generalmen­te i capi e i dirigenti. Se nel ciclismo ci fossero più persone come, lui sarebbe un bene per il nostro sport».

Dopo un anno, non sosterrà più la Cycling Academy. Come mai?

«In Slovacchia c’è attività per i giovani, ma solo fino agli juniores. Mancano le squadre under 23 ed élite. La cultura ciclistica c’era, anche se s’è un po’ persa. Non so se sia una questione economica, credo più che altro di gestione. Voglio concentrar­e i miei sforzi per aiutare la mia gente: la Cys Zilina, la mia squadra».

Potessi cambiare qualcosa?

«Vorrei ci fosse più rispetto. In generale, da parte di tutti».

Nella vita, cosa ti rende felice?

«Dare una mano a chi ne ha bisogno mi fa sentire bene. Poi godermi quei pochi momenti liberi che ho con gli amici».

E che cosa ti dà più fastidio?

«Le interviste. Mi raccomando scrivi ahahahaha perché sto scherzando. Di persona la gente mi trova simpatico ma alcune volte, quando i giornali riportano le mie parole, sembra tutto troppo serio. Le cose nella vita che mi fanno arrabbiare sono invidia, arroganza e aggressivi­tà».

Dopo il Mondiale hai fatto una specie di appello: «Vorrei un mondo migliore».

«Era una cosa generale, tutti ci dobbiamo svegliare un po’ e riprenderc­i la vita, il mondo. Faccio un esempio: la tecnologia ha avuto uno sviluppo tremendo e rapidissim­o. Ma stiamo correndo troppo e non ci siamo adattati, abbiamo saltato una generazion­e. L’incremento è stato troppo veloce e non lo sappiamo gestire. Non c’è più tempo per nulla. C’è gente che non ha più tempo neppure di seguire i figli».

A proposito di figli: programmi?

«Sono contento se li potrò avere, senza fare programmi».

Le vacanze si programman­o più facilmente.

«Ma anche per queste non ho ancora avuto tempo. Mi piacerebbe andare in aeroporto, scegliere un volo a caso e andare all’avventura. Devo fare vacanze, altrimenti non riparto».

Che rapporto hai con il sesso?

«Diciamo che non sono un ciclista vecchia maniera (ride, ndr). Una volta si diceva che per vincere una corsa dovevi stare un anno senza sesso… Così quand’era il momento buono ricomincia­vano i dodici mesi. No, no, mica bene così».

Tra i passatempi hai il cinema. Visto il film su Armstrong?

«No, non lo voglio vedere. Non mi interessa. Per vederlo mi dovrebbero pagare. Lui non si faceva pagare per alcune interviste?».

Fuori dal ciclismo, la tua immagine per cosa sarebbe adatta?

«Per fare delle pubblicità. Sono un po’ zingaro, selvaggio, fuori dagli schemi. Non ti dico di quale marca, ma di un profumo. Hai presente il video con Johnny Depp?». Ci sono momenti in cui un fuoriclass­e trasforma un attimo e lo fa diventare storia. Lo scatto folgorante di Sagan a Richmond. Una donna che porge a Peter una maglia arcobaleno. Lui che risponde «grazie».

«IL SESSO? UNA VOLTA

SI DICEVA CHE PER VINCERE DOVEVI STARE

UN ANNO SENZA... NO NO, NON VA BENE»

PETER SAGAN, 25 ANNI

QUI CON VITTORIO BRUMOTTI

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