Quella maglia di lana che diventava di piombo
Abbigliamento, la rivoluzione negli ultimi 40 anni Le nuove frontiere
La tecnologia nel ciclismo, anche per quanto riguarda l’abbigliamento, negli ultimi 30-40 anni, ha fatto incredibili passi avanti. A fine Anni 70 gli indumenti da bici erano ancora in lana, sia d’estate che d’inverno. Non solo maglie e giubbini, anche i pantaloncini. Quando pioveva era un disastro, gli indumenti s’inzuppavano e diventavano due taglie più grandi, pesanti come il piombo. Perfetti per tenere freddo. Per le crono, body in seta, che spesso erano in terital. E i fondelli dei pantaloncini? Dopo il lavaggio erano carta vetrata, ci volevano creme in abbondanza: la più usata era la Pasta Fissan, per smollarli. L’igiene era spesso un optional. Per non parlare dei caschi. I primi integrali sembravano dei pitali di plastica, quasi senza imbottitura, forati col trapano per lasciare passare almeno un filo d’aria. Scarpe? Estate e inverno con le stesse, in pelle traforata.
STORIA L’avvento dei materiali sintetici ha fatto la rivoluzione. Prima la lycra, poi tessuti sempre più sofisticati, con un occhio a performance e comodità. Il goretex ha cambiato la storia per quanto riguarda impermeabilità e traspirabilità. Poi è arrivato il windstopper, a sostituire i fogli di giornale che i corridori si mettevano sullo stomaco. Ora la prima richiesta che gli atleti fanno, anche con il freddo, è che la maglia sia traspirante, poi aerodinamica. Nibali da oggi sperimenta un campo nuovo, quello dei capi riscaldanti. Da tempo, invece, vengono prodotti capi superleggeri per l’estate. Il punto critico è che talvolta sono così leggeri che ci si scotta nonostante si sia vestiti.