La Gazzetta dello Sport

IL PIEDE DI DIEGO E LA MANO DE DIOS

- Twitter: @AdeCal

Trent’anni fa Diego Maradona vinceva il Mondiale in Messico: il fatto che l’Argentina in questo lungo spazio di tempo non sia riuscita – con tutti i suoi campioni – a riconquist­are la coppa, rende ancora più importante quel trionfo. Nel 2014 Leo Messi e i suoi compagni stavano per spezzare l’incantesim­o, ma sono stati respinti, nei supplement­ari del Maracanà, contro l’eterna Germania. Maradona, dunque. Giocava nel Napoli, aveva 25 anni, era già il numero uno del pianeta, stava inseguendo un sogno e una consacrazi­one. La consacrazi­one comincia a prendere corpo il 22 giugno di quel 1986 all’Azteca, dove si gioca una partita speciale, per il peso del sangue e dei morti nella guerra tra argentini e britannici per le isole Falkland/Malvinas. La guerra ha avuto il merito di spazzare via la dittatura militare a Buenos Aires e di aprire gli occhi del mondo sullo sterminio dei desapareci­dos, ma ha lasciato una profonda cicatrice nel cuore degli argentini. A Città del Messico, Maradona abbatte gli inglesi con i due gol più famosi della sua carriera. Quello segnato con la mano e l’altro da marziano, in slalom. La Mano de Diòs e El meyor gol del siglo XX. In Argentina sono usciti due libri sull’argomento, per il trentesimo anniversar­io. Uno di Andrés Burgo, con un focus sul match con gli inglesi (“El partido”); l’altro scritto da Daniel Arcucci con lo stesso Diego Maradona che abbraccia tutta la consacrazi­one (“México 86 / Mi mundial mi verdad / Asì ganamos la copa”). Nel titolo della versione italiana, da quel “mio mondiale, la mia verità, così abbiamo vinto la coppa” , spunta anche una “Mano di Dio” che è il pepe rimasto a condire per sempre quel match simbolico. Sappiamo che in Italia c’è una vecchia fetta di pubblico che si appassiona molto per le questioni regolament­ari e arbitrali e tende a riassumere il calcio in pillole di cartellini gialli e rossi, rigori dati e negati, gol regolari o taroccati. Ho scritto altre volte che sulla mano del Dios il vero disastro l’ha fatto Shilton, il portiere inglese uscito con tempi sbagliati. La genialità di Diego non è stata solo di farlo quel gol – con la destrezza di un borseggiat­ore – quanto di chiamare in causa la giustizia divina, per giustifica­rlo nei confronti degli inglesi e della storia. Preferisco l’opera d’arte del secondo gol, un capolavoro che tutti i bambini del mondo hanno immaginato di poter di segnare. Ma mi arrendo davanti alla sintesi del grande Jorge Valdano: “In una partita di grandissim­o valore simbolico, Maradona ha mostrato i due modi di essere dell’argentino”. In fondo, la vitalità del baro e il genio del virtuosism­o sono le due cifre del Diego che continuano a sedurre noi e a conquistar­e la gente.

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