La Gazzetta dello Sport

«Niente scuse Questa volta non ho commesso nessun errore»

Lo scoop della Gazzetta. Il marciatore positivo al testostero­ne replica: «Mi sono sottoposto a tutti i controlli possibili. È l’incubo peggiore» Donati: «Incongruen­ze nei controlli, sono con lui»

- Valerio Piccioni INVIATO A BOLZANO

La strada di Alex Schwazer verso l’Olimpiade di Rio de Janeiro incontra all’improvviso un muro. Per la verità non sono mancati gli ostacoli nell’avviciname­nto, anche belli tosti, ma questo è alto, gigantesco, forse insuperabi­le. Quattro anni dopo si torna al punto maledetto, ma allora era il giorno del dramma confessato in diretta tv, dell’espiazione, dell’ammissione di un’ossessione diventata doping all’eritropoie­tina. Ora no, «non chiedo scusa perché stavolta non ho fatto errori», dice lui con lo sguardo da duro, senza che la voce si incrini. Sandro Donati gli è vicino, come sempre: l’uomo abituato all’essere solo contro molti, è un pugile che si aspettava tutti i colpi, ma non questo. Dice prima di tutto che «non abbandoner­à mai Schwazer». Martedì sera si sono incontrati e hanno visto insieme la mail che annunciava la positività al testostero­ne, l’allenatore antidoping non ha avuto un attimo di esitazione. Gli crede. «Alex è un atleta fortissimo, un fuoriclass­e, in questo momento è il più forte marciatore del mondo. Quel dato è il doping di uno scemo, non ha alcun senso». Aggiunge Alex: «il testostero­ne l’ho preso cinque anni fa, l’ho ammesso, non mi ha fatto niente, l’ho lasciato perdere pure in una fase in cui avrei preso di tutto per doparmi e in cui assunsi l’epo, e persino lo spray antiasmati­co anche se io l’asma non ce l’ho».

TEMPISTICA INCREDIBIL­E Eppure il filo di Arianna non si trova, si resta per ora in mezzo a un labirinto in attesa di studiare meglio le carte. La positività è un fatto oggettivo, non è in discussion­e il lavoro del laboratori­o di Colonia, ci sono piuttosto dei «prima» e dei «dopo» che rappresent­ano delle “incongruen­ze”. Donati ha lo sguardo sofferto, stanco, che però si ravviva quando interviene. «Si tratta di un caso incredibil­e nella tempistica, dopo cinque mesi si torna a quella provetta, la si riprende e si raggiunge in modo stentato un valore di positività, talmente basso che il profilo ematico resta inalterato e non c’è nessuna variazione dell’emoglobina. Una situazione che mal si combina con l’assunzione di prodotti dopanti».

NIENTE FANTASMI Eppure c’è quel dato maledet to in cui Schwazer è costretto a specchiars­i. «Questo è un incubo per me, la peggior cosa che mi potesse capitare, il giorno più brutto della mia vita. Ho investito tanto, forse troppo, e con me chi mi è stato vicino in questi mesi». Ma in questi mesi di Roma è successo qualcosa, anche una minima cosa, un minuto di fragilità, i vecchi fantasmi che ritornano? «Ma no, io a fare la scelta che ho fatto ci sono arrivato dopo un lungo percorso, non mi ci sono trovato per caso. E quei fantasmi, le ossessioni di prima, non le ho più incontrate. Ho detto: “controllat­emi 24 ore su 24”, mi sono sottoposto a tutti gli esami possibili, non può finire così, ora bisogna andare fino in fondo». No, così no, continua a ripetere. Ma che cos’ha da dire a quelli che hanno creduto in lui, quelli che ha conosciuto, ma anche ai tanti che lo hanno sostenuto in modo anonimo? «Io sono qui per loro, se fosse per me, solo per me non ci sarei. Io però non mi sento in colpa perché non ho fatto niente».

DENUNCIA CONTRO IGNOTI Al tavolo, con la manager Giulia Mancini, siede anche l’avvocato Gerhard Brandstaet­ter, che ha difeso Schwazer fra mille tempeste. Erano state sue le prime parole: «Presentere­mo una denuncia penale contro ignoti alla procura della Repubblica di Bolzano». Una frase che rimane là per diverso

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