Rossi e i suoi fratelli La cantera Lazio è tornata ai tempi di Nesta e Di Vaio
Alessandro, classe ‘97, dal cognome sembra predestinato. Inzaghi ha «battezzato» 5 del vivaio
Quarto posto in classifica, secondo miglior punteggio dell’era Lotito a metà campionato, il sogno Champions da poter coltivare. Ma tra i grandi meriti di Simone Inzaghi c’è anche altro. Quello, per esempio, di aver lanciato tanti giovani del vivaio. Ne ha fatti esordire ben cinque. E complessivamente ha utilizzato sette giocatori cresciuti in casa.
CON UN NOME COSÌ... L’ultimo ad esordire in A è stato Alessandro Rossi. Vent’anni appena compiuti (il 3 gennaio), con un nome così non può che fare l’attaccante (come gli omonimi Paolo e Pepito). Con la Primavera biancoceleste lo sta facendo molto bene, ha finora se- gnato 17 gol in 11 partite. Sogna ovviamente di fare altrettanto nel calcio dei grandi. Per adesso è già contento di averlo conosciuto da vicino. È accaduto domenica col Crotone. Gettato nella mischia da Inzaghi a 9 minuti dalla fine, è entrato nell'azione del gol-partita di Immobile al 90’. Un piccolo segnale da predestinato che ovviamente necessita di altri indizi. Ma intanto Rossi ha rot- to il ghiaccio. E lo ha fatto con quella «fame» che caratterizza il suo modo di giocare. Una foga a volte eccessiva (ha già beccato qualche rosso in Primavera) che va solo un po’ mitigata.
GLI ALTRI Rossi è nato a Viterbo, da dove arriva anche l’altro baby attaccante che Inzaghi ha fatto debuttare in A: Cristiano Lombardi. Col Crotone ha giocato la sua seconda partita da titolare ed era anche riuscito a segnare come nella prima da titolare (con l’Atalanta). Solo che l’arbitro gli ha annullato la rete per un dubbio fuorigioco. Tra le due presenze da titolare Lombardi ne ha collezionate altre sette da subentrato, per un totale di 223 minuti giocati. Segno che la sua presenza in prima squadra non è un premio, ma una necessità. Ragionamento che vale anche per gli altri: il portiere Strakosha (cinque gare da titolare e una da subentrato per un totale di 495 minuti, con soli 4 gol al passivo), il centrocampista Murgia (sei spezzoni di gara, per 64 minuti totali, impreziositi dal gol segnato al Torino), il difensore Prce (1 presenza, nel finale di gara col Toro). E poi ci sono i «veterani» Keita e Cataldi, al terzo anno in primo squadra. Anche loro sono prodotti di un vivaio che sembra tornato ai fasti di un tempo. Quando «sfornava» talenti come D’Amico, Giordano, Manfredonia, Di Canio, Nesta, Di Vaio.