La Gazzetta dello Sport

STORIA «Ho reimparato a camminare e parlare per la Dakar»

1Luca Manca nel 2010 ebbe un terribile incidente: dopo il coma e 7 anni, è ritornato

- Maria Guidotti

Luca Manca guarda lontano. Il buon senso lo vorrebbe tranquillo nella sua Sardegna a godersi la moglie e i due figli. Invece, sette anni dopo il terribile incidente alla Dakar 2010 che ha fatto temere per la sua vita, Manca si rimette in gioco per una sfida d’orgoglio personale.

RAPPORTO SPECIALE Ad Asuncion, prima del via della Dakar 2017, Marc Coma si è fermato spesso a parlare con lui. E così quasi ogni giorno. «Mi ha emozionato vederlo allo start», ha raccontato il 5 volte vincitore della Dakar, oggi direttore sportivo della corsa. I due sono legati da un rapporto speciale che va oltre l’amicizia. Il destino li ha uniti quel 6 gennaio 2010. Per la giovane promessa italiana, capace di lottare nella top 10, Coma era il pilota di riferiment­o. Così nella 6a tappa di quell’edizione, l’italiano non esitò a dargli la sua ruota per permettere al campione di continuare la sua corsa. Il giorno seguente Manca cadde nella polvere mentre cercava di recuperare posizioni. Il risveglio dal coma dopo tanti giorni trascorsi nell’ospedale di Santiago del Cile ebbe il sapore del miracolo.

IL RISVEGLIO «Ero come morto. Quando staccarono i macchinari, mi sono risvegliat­o», ricorda il 36enne pilota di Sassari che ha impiegato sette anni per tornare a correre la Dakar. La riabilitaz­ione è stata lunga. Manca ha dovuto imparare nuovamente a parlare, a camminare, ad andare in bicicletta e infine in moto. «Il sogno di tornare alla Dakar è stato uno stimolo a non mollare mai e a superare le difficoltà che i postumi di un coma comportano — racconta Luca —. Non avevo equilibrio, così ho dovuto ricomincia­re dalle basi. Dopo un anno sono tornato in moto, ma in quelle piccoline per bambini, nonostante la mia stazza di 1 metro e 91. Non mi sono mai vergognato e ho continuato per la mia strada,

RESPINTO Lo scorso anno la sua richiesta di partecipaz­ione alla Dakar fu rifiutata. « Fu Marc (Coma, n.d.r.) a chiamarmi per dirmelo. L’organizzaz­ione non era sicura del mio stato di salute. Un altro boccone amaro, mi sono rimesso al lavoro. A maggio ho terminato il Merzouga Rally per ottenere l’idoneità». «Mi sono commosso a vederlo nuovamente in moto», ha confessato Coma, che stavolta gli ha dato l’ok. L’emozione della prima speciale di questa Dakar è stata fortissima. «Ero nervoso, poi sono tornato a divertirmi, ma chiudo il gas ogni volta che incontro piloti caduti a terra. Il mio obiettivo è finire un’impresa rimasta incompiuta. Voglio dimostrare quello che valgo oggi, che sono tornato normale».

LO DOVEVO A PAPA’ Il ritorno lo dedica alla moglie che lo ha sempre sostenuto in tutti questi anni, ma anche al padre, mancato qualche tempo fa. «Gli avevo promesso di tornare, eccomi qui. Porto la sua foto sempre con me sul serbatoio » . Ora punta ad arrivare in fondo. « Mi voglio addormenta­re ogni sera sereno di aver dato il massimo. Le difficoltà ci sono. Per esempio non posso prendere medicament­i per l’altitudine perché ho subito danni al cervello. Mi fermo quando incontro un’auto medica per prendere l’ossigeno». Manca ha nel mirino Buenos Aires, «ma non voglio guardare la classifica per non farmi prendere dall’ansia. La parte più dura deve ancora venire».

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nonostante i giudizi pesanti di quanti non mi considerav­ano normale».

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