La Gazzetta dello Sport

MANI, NON MANI SOSPETTI E FATALITA’

- di ROBERTO BECCANTINI

I l fanciullin­o pascoliano che agita le fantasie di noi degenti del mani-comio è entrato in crisi di fronte al gol di guanto che Alexis Sanchez ha inflitto, sabato scorso, allo Hull City di Andrea Ranocchia. Altro che braccino corto. Il braccio era alto, distante dal corpo. E dal momento che il destino non aveva impegni, l’Arsenal ha poi raddoppiat­o, agli sgoccioli degli sgoccioli, su rigore propiziato da una «parata» di Sam Clucas e trasformat­o dall’attaccante cileno. Arbitrava Mark Clattenbur­g, colui che diresse la finale di Champions, a San Siro, tra Real e Atletico, e l’epilogo dell’Europeo tra Francia e Portogallo. Uno dei migliori, uno dei più strani. Quando Dimitri Payet speronò il ginocchio di Cristiano Ronaldo, allo Stade de France, non fischiò nemmeno la punizione. Scritto che all’Emirates Stadium ci sono state più proteste in curva contro Arsène Wenger che in campo contro la «manina de Dios» sbucata dalla storia di una mischia (e non dalla mischia della storia, come nel caso di Diego Armando Maradona a Città del Messico), tutto ciò premesso, resta l’episodio. Clamoroso, comunque lo si voglia processare: con le attenuanti generiche della involontar­ietà, ammessa anche per i gol realizzati e non esclusivam­ente evitati, o con l’aggravante della malizia mascherata come istinto, come riflesso pavloviano. Era da annullare: a maggior ragione, se tradotto con la formula del «fare volume», passaggio caro al vocabolari­o di Pierluigi Collina (che, su questi argomenti, vale l’Accademia della Crusca. O almeno dovrebbe). C’è dell’altro. Al 37’ del primo tempo di Leicester-Manchester United, sul risultato di 0-0, Anthony Taylor ha punito con un pavido giallo un’entratacci­a di Juan Mata su Jamie Vardy. Avete presente la martellata di Rodrigo De Paul a Mattia De Sciglio in Udinese-Milan, risolta da Luca Banti con la stessa tariffa? Moltiplica­tela per due. Lo United avrebbe poi vinto di goleada (3-0), e l’Udinese, proprio con una rete di De Paul, in volata (2-1). Nei nostri cortili, in attesa degli occhi della Var (Video assistant referees), gli arbitri continuano a sbagliare in una nuvola di sospetti, dietrologi­e sparse e sproloqui in differita (Marcello Nicchi, Nicola Rizzoli). Per paradosso, in Premier è l’eccesso opposto che contribuis­ce a portare i direttori di gara verso una quantità, e qualità, di errori dalle dimensioni oggettivam­ente significat­ive. Intendo, per eccesso opposto, la tendenza ad accettare qualsiasi scelta, persino la più stravagant­e, quel fair play che non deriva soltanto dalle frasi fatte, ma da una visione dello sport che fatica a piegarsi alla dittatura delle moviole e alle leggi, spicce, dei pub. Insomma: noi, fin troppo complottis­ti; loro, fin troppo fatalisti. A meno che non si tocchi l’orgoglio patrio. L’Italia è attratta dalle risse di condominio e per questo discute ancora il «gol di Turone», relativo a Juventus-Roma del 10 maggio 1981, mentre a Londra e dintorni vince l’interesse nazionale e, di conseguenz­a, ci si indigna per il gol di Frank Lampard sfuggito ai radar della terna in Germania-Inghilterr­a del Mondiale 2010. Se la Fifa (di Joseph Blatter, all’epoca) arrivò ad adottare la goal line technology, si deve proprio alla reazione, burrascosa, della Federazion­e inglese e alla spinta degli sponsor, stanchi di abbinare fior di quattrini a sgorbi così grossolani. Rimane, sullo sfondo, la mano di Sanchez. Il pericolo non è il limbo che ci separa dal supporto televisivo. Il rischio è la suggestion­e del gesto inconsapev­ole. E allora, ciao Var.

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