Magica punizione di Bernardeschi La Fiorentina va
Scelgo queste lettere senza entrare molto negli argomenti specifici, se non telegraficamente. Bacca è sempre stato questo: ci sono lunghi periodi in cui un bomber non segna. Locatelli a 18 anni fa anche di più di quello che sarebbe normale attendersi: lo vogliamo mettere in croce come Montolivo? Quanto al Barcellona, può essere ormai logoro o può trattarsi soltanto di una serataccia: impossibile dirlo con certezza. E qui mi aggancio al tema generale: la fretta di passare dall’attualità alla storia e di emettere un giudizio definitivo partendo da un episodio o da un periodo di tempo limitato. Colpa di tutti, noi giornalisti compresi. E così capita che Coutinho, scartato dall’Inter come giocattolino inutile, diventi uno degli uomini più acclamati della Premier e strapagato faro del Liverpool. Chissà se sarà la stessa cosa con Kovacic al Real. C’è poi la categoria del «non è più lui», che scatta inesorabile sul far dei trent’anni: ci finirono dentro, per dire, pure Buffon e Del Piero. Cavani ve lo ricordate? Ogni tre mesi sui giornali francesi passa dalla condizione di fallito a quella di salvatore della patria. Non vale soltanto per il calcio, naturalmente: Federer, che sta spolverando a casa sua il diciottesimo trofeo del Grande Slam appena conquistato in Australia, era considerato finito da anni. Fede Pellegrini? Qualcuno lo sostiene a ogni inizio o fine di stagione.
Il problema è il passaggio dalla coscienza alla consapevolezza, che non sono sinonimi. La coscienza è l’insieme dei dati che assumiamo dal nostro sistema cognitivo: vediamo una partita e ne registriamo cronaca, valutazioni e spunti. La consapevolezza si riferisce soprattutto ai significati che vogliamo trarne. Ed è qui che spesso cadiamo. Abbiamo fretta di storicizzare cose che stanno ancora scorrendo e che sono aperte a ogni soluzione. Un limite del cervello di noi umani: il primo giudizio si basa su una serie di esperienze che abbiamo già accumulato. Né il calcio né la vita sono riducibili in questo determinismo ferreo. Quasi sempre bisogna concedersi del tempo di riflessione e di osservazione, nemico della frenesia di cui ci nutriamo. È vero che dobbiamo dare una chiave interpretativa al singolo episodio, ma dovremmo riuscire a farlo senza proiettarne i risultati nell’eternità. Un equilibrio molto difficile per tutti, ma in particolare per i tifosi.
Ho citato più volte la parola storia, relativamente al calcio, e mi viene in mente un bel libro appena uscito per Mondadori: «Il minuto di silenzio - La storia del calcio attraverso i suoi errori – La Spoon River del pallone». L’ha scritto Gigi Garanzini, uno dei giornalisti più eleganti e acuti che abbiano attraversato il calcio e lo sport negli ultimi decenni. Si tratta di 280 mini-ritratti di protagonisti del calcio che non sono più con noi, da George Best a Valentino Mazzola, proposti con poche ma magistrali pennellate. Questi sì sono protagonisti su cui è lecito dare un giudizio-racconto definitivo, anche se affettuoso perché hanno quasi sempre mosso sentimenti di gioia ed entusiasmo. Se siete a corto di notizie su Ernst Wilimowski o Joao Morais oppure volete rileggere i celebri aforismi di George Best e ripassare la leggenda di Cruijff, questo è il testo che fa per voi.
Come tifoso del Milan, mi sono stancato di Bacca: per segnare occorre anche giocare a pallone, ogni tanto. E anche su Locatelli avrei qualche riserva: l’avete magnificato troppo presto; fa errori gravi, che lasciano spesso scoperta la difesa… Adalberto Consolini Messi non è più lui: visto che conta più il gioco, cioè l’allenatore, che non la somma dei talenti? Il supertridente non vince da solo: il 4-0 preso dal Psg lo dice chiaro. Tano Consorti