Coppa Italia Milano in semifinale all’ultimo respiro
Goggia sei gigante: alla 4a gara sfata il tabù azzurro 1Rotto un digiuno mondiale di 1462 giorni: beffata la Brignone, che resta giù dal podio per 18/100 Oro alla favoritissima Worley, argento Shiffrin
Finalmente medaglia, finalmente Goggia. Nella gara in cui si aspettava di meno, il gigante. Nella specialità in cui le azzurre hanno brillato di più in stagione. Nel giorno in cui la favorita, Tessa Worley, si è presa di nuovo il mondo dopo l’oro 2013. È un bronzo di grinta e di cuore, più ancora che di tecnica, perché Sofia non è salita sul podio con la gara perfetta. Ma è il giorno in cui i conti tornano, dopo il dolore per quei 7/100 che l’hanno tenuta giù dal podio della discesa che voleva così tanto, con un superG da dimenticare, con un’inforcata nello slalom della combinata. «E non c’è confronto con i nove podi di coppa del Mondo — è raggiante Sofia, che quest’anno nella disciplina aveva portato a casa due secondi, un terzo e un 5° posto —, una medaglia resta per sempre».
DIGIUNO Nel gigante in cui l’Italia si è presentata con la squadra più forte dei Mondiali, con quattro atlete già salite sul podio in stagione e candidate a rifarlo ai Mondiali, il tabù è finalmente sfatato. La quart’ultima gara di St. Moritz rompe il digiuno degli azzurri, a secco dal bronzo in gigante di Manfred Moelgg a Schladming 2013. Un digiuno di 1462 giorni che si stava trasformando in una maledizione, ancora di più in questa edizione dei Mondiali a cui l’Italia si è presentata come la nazione vista più spesso sul podio in coppa del Mondo (3 vittorie, 9 secondi e 14 terzi posti).
BRONZO Finalmente Goggia. Sofia ha tirato fuori la gara migliore all’ultima occasione, ha cancellato le delusioni collezionate in superG, discesa e combinata. Non ha smesso di provarci, con quel carattere e personalità che in poco tempo l’hanno proiettata tra le migliori della coppa, da zero a nove podi in due mesi. Nella prima manche è riuscita a stare vicino alla Worley, staccata di 48/100 nonostante un errore in alto. Nella seconda si è difesa, nonostante un brivido, ed ha chiusa terza, a 74/100 dall’oro e a 40 dall’argento. Con 18/ 100 di vantaggio sulla compagna di squadra Federica Brignone, quarta con il rimpianto di una prima manche sotto i suoi standard.
LA GARA Ci sono stati colpi di scena come l’uscita della Rebensburg, una delle favorite. Ci sono state le sorprese della svizzera Wild e di pochi altri inserimenti tra le migliori, della Veith campionessa del mondo in carica irriconoscibile su questa pista senza trappole ma dalla neve difficile da affrontare. «È stata una prima manche strana — spiega Mauro Pini, ex tecnico di Gut, Maze e Svizzera —, c’erano poche trappole e in tante non hanno capito come affrontarla». Il finale è quello più atteso, l’oro è della francese Tessa Worley che in sette giganti è stata tre volte prima, tre volte seconda e una sesta. «La Worley è la migliore gigantista del mondo, per stile e continuità di risultati. Ha vinto l’oro perché lo merita — riconosce la Goggia —. Sono orgogliosa di essere sul podio con lei e con un’altra campionessa come la Shiffrin».
SQUADRA L’Italia del gigante brilla con tre atlete nelle prime sei, quattro nelle 11. Dietro a Sofia Goggia c’è Federica Brignone, che avrebbe meritato per quello che ha mostrato nella seconda manche. Solo la Shiffrin ha fatto meglio di Fede nella discesa decisiva, non è bastato a colmare il gap di 1”10 accumulato nella prima discesa. Poi una monumentale Manuela Moelgg sesta. «La Manu è stata grandissima — applaude la Brignone —. Nessuna è forte come lei. Non riesce a camminare, quando è arrivata al traguardo era prima. Di testa è fortissima, spero di imparare tanto da lei». Alla fine a mancare all’appello è solo Marta Bassino, 11° in una gara in cui non le è riuscito di sciare come sa. «Potevamo anche farne due di me-
L’Italia si conferma una potenza: sesta Moelgg con ottima seconda manche Delude Bassino: 11a Il tecnico Rulfi: «Da Goggia ci si può aspettare di tutto»