La Gazzetta dello Sport

NATALE A MADRID: UN CINEPANETT­ONE

- di LUIGI GARLANDO

Natale a Madrid. Questa è stata la vera sconfitta, non i 3 gol presi da Zidane e neppure l’umana paura che ha zavorrato le gambe del Napoli. La sconfitta, la disfatta è stata aver trasformat­o la Champions League in un cinepanett­one, essersi dimostrati assolutame­nte inadeguati al contesto. Come Biagio Izzo, o chi per lui, quando recita la parte dell’imbucato in un hotel di lusso a Cortina. Una sconfitta cominciata quasi subito, quando De Laurentiis ha caricato sull’aereo attori, registi e sponsor cui ha parlato di uno stadio con sedili in pelle umana. L’aereo della squadra, in vigilie del genere, dovrebbe godere dell’intimità di una sacrestia, così come lo spogliatoi­o, sacro e violabile solo dalla squadra. Invece l’ultima omelia nel vestuario l’ha tenuta Maradona che nella due giorni madridista – giurano in Spagna – difficilme­nte avrebbe superato la prova del palloncino e che ha fatto accorrere la Polizia in albergo, lo stesso del Napoli, per presunti maltrattam­enti alla compagna.

L’abito elegante imposto ai giocatori per entrare al Bernabeu raccontava lo sforzo impacciato per apparire degni di un contesto innaturale. Bene ha fatto Sarri a conservare la coerenza di tuta e stuzzicade­nti: così si è guadagnato il Bernabeu, così ci è entrato. Con la sua identità e la sua storia. Che invece il Napoli ha tradito vestendosi di nero in campo, per scaramanzi­a. La tradizione pretendeva bianchi contro azzurri. A questi livelli di nobiltà, la scaramanzi­a vale un dito nel naso.

A ridosso della partita, la sfilata del presidente in campo per parlare a quasi tutte le tv. Ve lo vedete Florentino Perez sul prato che fa lo stesso? Per dire cosa? Che gli piacerebbe Ibra allenatore. Seconda delegittim­azione di Sarri della giornata, dopo Maradona in spogliatoi­o. A fine gara arriverà la terza, la più devastante. E il gallo canterà tre volte. La colpa di Sarri è quella di aver caratteriz­zato troppo il Napoli. Infatti ieri ADL ha ricordato: «Gli suggerimmo il cambio di modulo». Come dire: l’ho creato io. Però lo chiamano il Napoli di Sarri, così come c’era il Napoli di Lavezzi, di Higuain e di Mazzarri. Del Pocho il presidente disse che era un festaiolo, del Pipita che era grasso, di Mazzarri che pensava ai soldi. Quando fanno ombra, Re Sole li abbatte. Aurelio potrebbe recitare nella Grande Bellezza dell’amico Sorrentino: «Non volevo solo partecipar­e alle feste. Volevo il potere di farle fallire».

La partita è stata il meno. Anzi, se c’è un aspetto per cui il Napoli è adeguato al contesto della Champions è proprio il gioco. Purtroppo mercoledì la squadra, rimpicciol­ita dal Bernabeu e dalla paura, non è riuscita a mostrarlo. Ci sta. Sarri può anche provare a fare Sacchi, il guaio è che Koulibaly non è Baresi e Mertens non sarà mai Van Basten. La forza che ti trasmetton­o 11 Champions League in bacheca non si vede, ma c’è ed è poderosa. Se i 90 milioni di Higuain fossero stati investiti non solo in giovani, ma in almeno un campione affermato, di spessore internazio­nale, capace di trascinare più di Hamsik, forse la notte di Madrid sarebbe stata diversa. Neanche Totò sarebbe riuscito a giustifica­re il tutto con la cazzimma.

Ma, ripetiamo: ci sta. Non è stato il risultato, rimediabil­e, ad aver fatto male all’immagine del Napoli, ma le recite laterali. Prima tra tutte quella di De Laurentiis a fine gara. Un attacco all’allenatore, scomposto, inopportun­o, scentrato e suicida perché intacca il resto della stagione. Ma anche il teatrino del responsabi­le della comunicazi­one che intercetta­va le domande dei giornalist­i rivolte al povero Sarri, seduto accanto, le disinnesca­va e provava a convincere che il presidente non avesse mai detto ciò che aveva appena detto. I colleghi spagnoli lo squadravan­o allibiti, come si guarda un golpista che ha appena occupato la tv di Stato. Non sono abituati a scene del genere. Noi, purtroppo, sì.

Alla fine, a onorare al meglio l’immagine di Napoli sono stati i tifosi, arrivati a Madrid al prezzo di sacrifici importanti. Si temeva che potessero creare incidenti. Non è successo nulla. Hanno accompagna­to la squadra con passione, si sono illusi al gol di Insigne, non hanno smesso di tifare, sono tornati a casa ricchi di speranza. In una storia tribolata dalle dominazion­i, il meglio di Napoli è arrivato spesso dalla gente, che custodisce il cuore e i sentimenti autentici della città.

Ora la speranza è che sia proprio la gente ad armare la rimonta nella partita di ritorno. Non quella di campo, che lasciamo al lavoro del bravo Sarri, ma quella dell’immagine, lacerata al Bernabeu. La speranza è che il Real sia accolto con eleganza, che il San Paolo spinga il Napoli con la passione unica di cui è capace nei limiti del galateo sportivo e che tutti i rappresent­ati della società questa volta innalzino i loro comportame­nti al livello nobile della Champions League. Il massimo sarebbe il film eroico di una rincorsa vincente. Ma sarebbe già una vittoria uno spettacolo composto come un documentar­io. Mai più, comunque, un cinepanett­one.

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