La Gazzetta dello Sport

«PUNGOLAVO ALLEGRI PERCHÉ SAPEVO CHE POTEVA FARE DI PIÙ. PRIMA ERA TROPPO PRUDENTE, ADESSO AGGREDISCE E CERCA IL GIOCO»

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anche se non è ancora un top club. Però De Laurentiis deve essere più generoso e più prudente in certe dichiarazi­oni».

Le è mai capitato che un suo presidente, ad esempio Berlusconi, entrasse in campo con tanta veemenza?

«Sono sempre stato fortunato, da questo punto di vista. Quando allenavo il Bellaria, in Serie D, dopo sei partite avevo fatto un solo punto. Mi dimisi perché non vedevo altra via d’uscita. Il presidente mi disse: “Perché se ne vuole andare? Sta lavorando bene, continui”. La fiducia è fondamenta­le per rendere al massimo. Ma penso che De Laurentiis abbia fiducia in Sarri».

Che cosa ha detto la sfida del Bernabeu?

«Che il Real ha fatto un pressing furioso e non ha consentito al Napoli di esprimersi come al solito. La qualità tecnica degli spagnoli è superiore, si sa, ma quando vedi gente come Modric e Kroos correre e lottare significa che dietro c’è un lavoro di squadra. Il Napoli, forse, si è lasciato intimidire dal Real, però non è mica facile cantare alla Scala... Tremano le gambe, è comprensib­ile».

Al San Paolo si può fare l’impresa?

«Credo di sì. Se i ragazzi di Sarri riuscirann­o a costringer­e il Real sulla difensiva, allora potremmo divertirci. L’importante è che, in fase offensiva, il Napoli si muova molto, anche senza palla, con frequenti tagli e cambiament­i di posizione. Sto notando una cosa: in Europa la difesa è soltanto pressing, e se si salta la prima linea si aprono praterie immense. Bisogna sfruttare questa debolezza altrui».

Lei vede la Juve favorita assieme al Real. Perché?

«Ha una società forte con idee chiare. Ha un allenatore capace, intelligen­te e concreto, e giocatori che interpreta­no bene lo spartito».

Ma lei, spesso, ha criticato Allegri.

« Verissimo, l’ho pungolato perché sapevo che poteva dare di più. Prima era poco generoso in termini di spettacolo, troppo prudente. Faceva il minimo indispensa­bile, un gol e poi si chiudeva. Adesso ricerca il gioco, aggredisce. E poi ci sono cose che fanno capire che il salto di qualità è stato fatto».

Ad esempio?

«Prendiamo Higuain. Lo seguo da dieci anni, posso sostenere di conoscerlo abbastanza bene. Centravant­i eccezional­e, però non è mai stato un leader, un uomo- squadra. Alla Juve, invece, grazie anche al lavoro che ha svolto con Allegri e ai consigli dei dirigenti, è diventato un uomosquadr­a, un punto di riferiment­o per i compagni. Con Mandzukic, che non ha le stesse qualità tecniche ma è dotato di una forza incredibil­e, s’intende a meraviglia. Ripeto: questa Juve ha le carte in regola per arrivare fino in fondo».

Non dà alcuna possibilit­à al Bayern del suo allievo Ancelotti?

«Ho parlato molto con Carletto, ultimament­e. E gli ho detto che questa è una stagione strana, può davvero succedere di tutto. Quando cade un re, si libera un posto... Lui, però, è in una situazione difficilis­sima».

Beh, ha appena rifilato cinque gol all’Arsenal, mica all’ultima arrivata...

«D’accordo, ma non guardiamo soltanto il risultato altrimenti il giudizio è troppo limitato. Il Bayern è una squadra che non ha motivazion­i feroci, per questa ragione non lo metto al livello della Juve e del Real. Nella Juve, ad esempio, ci sono giocatori che sanno di essere all’ultima possibilit­à della carriera e daranno l’anima per arrivare al traguardo. Quelli del Bayern, invece, mi sembra abbiano motivazion­i normali. Però

c’è Carletto...».

Che cosa significa: che l’allenatore è un valore aggiunto?

«Di tutti i tecnici che conosco, e vi assicuro che ne conosco parecchi, lui è l’unico a poter far scoccare la scintilla nel gruppo. Ha un modo di fare, di agire e di parlare che coinvolge, convince, riesce a far dare ai suoi ragazzi anche quello che non hanno... E’ davvero un fenomeno. Le partite del Bayern, in questa stagione, le ho viste tutte e prima di questa sfida contro l’Arsenal non ero per nulla sereno. Poi ci siamo sentiti al telefono e lui, che doveva andare in panchina e quindi si può pensare che fosse teso e nervoso, ha tranquilli­zzato me che dovevo sedermi in poltrona e guardare la partita in tv. E’ un gigante».

Barcellona crollato, Psg in crescita, Bayern così così, Real e Juve favorite. E le altre? Il City di Guardiola, ad esempio?

«Ha fatto benissimo in avvio di stagione, poi ha avuto un calo. Ma la squadra è molto giovane e quando ci sono i giovani è facile andare incontro a periodi altalenant­i. Si esaltano e si deprimono facilmente. Guardiola sta seminando, però la Juve è superiore come tasso tecnico e come esperienza internazio­nale».

E se alla fine saltasse fuori ancora l’Atletico Madrid di Simeone?

«Non ci sarebbe da stupirsi. Squadra solida, quadrata, ottima in fase difensiva, meno brillante quando ha il pallone tra i piedi. Però è difficile da affrontare. Come ostico può risultare il Porto che la settimana prossima attende la Juve. Mica semplice, la sfida per i bianconeri. La cosa fondamenta­le è che mettano da parte la prudenza, pur mantenendo l’equilibrio tattico, e che giochino per il gusto di giocare e di divertirsi. La prudenza, alla lunga, è un segnale di pessimismo, e quando sei pessimista non riesci a esprimerti al massimo, non sei propositiv­o, fantasioso, imprevedib­ile. La Juve, invece, deve essere allegra, deve aver voglia di aggredire e di essere padrona del campo».

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