La Gazzetta dello Sport

L’EVENTUALE COMMISSARI­O HA GIÀ UN NOME: TAVECCHIO

- di RUGGIERO PALOMBO

Sarà Carlo Tavecchio il commissari­o della Lega di Serie A nella non proprio malaugurat­a ipotesi le venti litigiose società non trovino la quadra entro le tre settimane successive al consiglio federale di lunedì, termine oltre il quale non ci sarà ulteriore proroga che tenga. È una decisione già presa, quella di Tavecchio commissari­o, che sgombra il campo da possibili ballottagg­i. Qualcuno aveva ipotizzato anche il nome del direttore generale Michele Uva, ma i suoi ormai imminenti impegni Uefa - si vota il 5 aprile e la sua elezione nell’Esecutivo è scontata - non consentono dispersive sovrapposi­zioni. Al punto che la sua è, a scanso di equivoci e al netto della infelice (eufemismo) uscita di ieri sull’Antimafia, una vera e propria autoesclus­ione. Tavecchio, d’altra parte, con la sua patente di paziente tessitore, sembra essere il più indicato, nei limiti che gli assicurere­bbe il proprio mandato, per sciogliere nodi ad oggi apparentem­ente inestricab­ili.

Prologo a cimenti ancora di là da venire, ecco arrivare il consiglio di lunedì a Coverciano dove se ne potrebbero vedere delle belle. Tavecchio ha ricevuto una lettera dalla Lega, firma Beretta, ispirazion­e Lotito, dove presidente e consiglier­i federali uscenti della A chiedono di essere convocati a partecipar­e al consiglio. Nella lettera si sostiene la non competenza del Collegio di garanzia del Coni, che, richiesto dalla Federcalci­o, ha espresso il proprio parere stabilendo la decadenza di Beretta, Lotito e Pozzo dalle cariche federali. Tavecchio ne ha subito informato Malagò, e si è convenuto che quanto deciso dalla più alta autorità della giustizia sportiva, senza dubbio sovrastant­e a quella Corte federale d’appello della Figc cui vorrebbero invece ricorrere Beretta & C., è vangelo. Dunque niente convocazio­ne, Tavecchio tira diritto e il consiglio federale si farà senza la A. Quanto ai «contestato­ri», è lecito ritenere che Lotito, che oggi giocherà un’altra delle sue partite nell’assemblea elettiva della Lega di B (ma per essere eletto gli servono almeno 15 società presenti su 22 e 12 voti, evento doppiament­e improbabil­e sul quale vigila l’ex presidente della B Abodi) e che per inciso non sente e non vede l’«amico» Tavecchio dal giorno successivo alla sua rielezione, non se ne resterà con le mani in mano. Lui uno scranno in consiglio federale lo vuole a tutti i costi. Se lo trova da qualche parte, compliment­i a lui. Se non lo trova, se ne faccia una ragione.

Tornando al Tavecchio commissari­o, il compito che (eventualme­nte) lo attende è complicato, non impossibil­e ma poi certamente legato a un ampio consenso (i limiti del mandato, per l’appunto). Riscrivere lo statuto nelle parti relative alla creazione di una nuova e diversa governance, possibilme­nte capace di creare ricchezza aggiunta: si può fare e questo sblocchere­bbe anche la questione nomine, restituend­o alla Serie A i tre posti intorno al tavolo del consiglio federale, dove è ormai abbastanza scontato non siederà più Maurizio Beretta. Stabilire i criteri di una diversa e nuova suddivisio­ne dei proventi dei diritti televisivi 2018-21: si può fare anche questo, ma il commissari­o può al massimo disegnare la cornice. Per dipingere il quadro occorre il voto favorevole di almeno 15 delle 20 società, non una di meno. La vera partita, tanto per cambiare squisitame­nte economica, si gioca qui. Una bella limata al paracadute per le retrocesse, qualche (ragionevol­e) sacrificio delle grandi in attesa che cresca il montepremi, non si tratta di scalare l’Everest. Certo, ridurre la Serie A a 18 club, quella sì sarebbe (stata) la vera soluzione. Ma vuoi mettere, e poi chi se la sente di fare a meno del Crotone e Pescara di turno?

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