La Gazzetta dello Sport

Le più belle del reame nate dalla stessa sfida Azzardo? No, progetto

1Atalanta- Juve: faccia a faccia fra squadre che sono decollate grazie ad una «rivoluzion­e» dei tecnici. E a una sfida condivisa con i giocatori

- Andrea Elefante MILANO

Non c’è specchio che possa dire se sia più bella una Dea o una Signora, ma non è neanche così importante: ci sono canoni totalmente soggettivi e comunque a inizio stagione nessuno si sarebbe sognato di fare confronti fra Atalanta e Juventus, dunque non è il caso neanche oggi. Paralleli sì, però. E non si parla di bellezza tout court: bisognereb­be tirarci dentro anche il Napoli, e un po’ pure la Roma. E’ la bellezza di un progetto che nasce forse anche pretenzios­o e diventa vincente: la fotografia esatta della novità che si fa regola (l’Atalanta) e della regola (le vittorie della Juve) che si fa novità, «usando» l’Italia come laboratori­o per perfeziona­re un’identità più europea.

SPOT E’ partendo da questo presuppost­o che Atalanta e Juventus, ognuna con i suoi mezzi profondame­nte diversi, sono le vincitrici di questo campionato: già a fine aprile, quando mancano cinque partite e la prima, stasera, promette di essere uno dei rari spot che il nostro calcio riesce a pubblicizz­are. Se è mai possibile questo genere di calcolo, conta più per l’Atalanta: con un colpo arriverebb­e allo scontro diretto in chiave europea con il Milan addirittur­a senza obblighi di non sbagliare. Ma non si è (quasi) mai vista una Juve che gioca una partita con la testa a un’altra (quella con il Monaco). E non si è mai sentito un allenatore, di sicuro non Allegri, non considerar­e una partita «vera» il modo migliore per tenere alto il livello di condizione e per avvicinars­i a una sfida ad alto contenuto adrenalini­co. SCUDETTI L’analogia sta anche qui: può avvicinare Atalanta e Juve ai rispettivi scudetti. L’Europa League per Gasp, il terzo personale consecutiv­o per Allegri. Sesto per la squadra, che sentendose­lo in tasca si avvicinere­bbe più leggera alle due finali (una ancora eventuale) che possono darle il triplete. Ma il vero, grande parallelo che tiene vicini i binari di Atalanta e Juve sta nella genesi di questa loro stagione: sta nel perché sono nate la nuova Atalanta e la nuova Juve e nel «come» hanno messo la freccia a un certo punto del cammino. A volte nascono nuove consapevol­ezze pure cambiando look: Gasperini e poi Allegri lo hanno fatto. Una specie di rivoluzion­e che è stata anche un az- zardo, ma non è sempre vero che chi lascia la strada vecchia per la nuova sa cosa lascia eccetera eccetera. Come disse il tecnico bianconero dopo la partita-svolta, «arriva un momento in cui serve spaccare la stagione in due».

ERETICO A CHI? Gasperini lo fece all’inizio di ottobre, Atalanta-Napoli 1-0: titolari Caldara, Conti e Gagliardin­i, ad aggiungers­i a Petagna che lo era stato per la prima volta la gara precedente. «Un’eresia» che non fece dormire la notte prima il presidente Percassi: aveva visto l’ultimo allenament­o e scambiato quella formazione per il classico «casacche mescolate» della vigilia. Gasp non lo tranquilli­zzò, l’utopia si fece progetto e un mese dopo prese definitiva­mente corpo: nacque la coppia centrale Gagliardin­i-Kessie, anche Spinazzola diventò titolare. A parte il centrocamp­ista migrato alla Pinetina, la carrozzeri­a dell’Atalanta da allora è immutata, almeno finora. E non è per niente ammaccata.

NON SOLO EMERGENZA La svolta di Allegri si colloca quasi quattro mesi dopo, JuventusLa­zio. Mettere quattro giocatori offensivi, Pjanic compreso, alle spalle di Higuain fu per emergenza, ma sarebbe sbagliato collegare l’idea alla precedente sconfitta con la Fiorentina e limitativo ridurla a una scelta anti emergenza (mancavano centrocamp­isti centrali). Certe scintille hanno sempre bisogno di un fuoco già acceso: quello di Allegri per il calcio di qualità — fin da quando rimpiangev­a un 4-3-1-2 orfano del trequartis­ta che non aveva — era qualcosa di più di semplici bagliori che covavano sotto la cenere. A ognuno la sua sfida. Quella di Max: «Volete giocare tutti? Fate tutti un po’ di sacrificio». Quella del Gasp: «Ci danno dei matti? Andiamo in Europa e facciamo vedere che sono matti loro». E’ così che stasera Dea e Signora si sfidano di fronte allo stesso specchio: quello dove può guardarsi chi in fondo ha già vinto.

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