La Gazzetta dello Sport

Pippo Inzaghi

«ORA SONO FELICE HO VINTO ANCHE GRAZIE ALLA JUVE CHE BRAVO GASP VALE L’EUROPA»

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L’INTERVISTA di G.B. OLIVERO

C’era una volta un ragazzo che si divertiva a battere il tempo: giocava sul filo del fuorigioco, scappava dai locali entro mezzanotte nemmeno fosse Cenerentol­a, tornava dalle vacanze in anticipo perché era meglio ricomincia­re ad allenarsi. Faceva tutto prima perché era la strada migliore per arrivare primo. Adesso c’è un uomo che ha imparato a prendersi il tempo che gli serve: ha lasciato la Serie A per cominciare un percorso diverso dentro il campo ma anche fuori. È sempre concentrat­issimo sul lavoro, conosce ogni giocatore del suo campionato, ma non ha più fretta, non ha più urgenze. Tranne una: insegnare cal- cio, allenare i suoi ragazzi e portarli alla vittoria. Pippo Inzaghi era quel ragazzo che batteva il tempo ed è quest’uomo che il tempo se lo gode. Promosso in Serie B con il Venezia, vincitore della Coppa Italia di Lega Pro. Emozioni forti.

Pippo, oggi cosa sente dentro?

«Un’enorme felicità. Vivo per questo. Il mestiere dell’allenatore è più difficile di quello del giocatore, ma poi i successi te li godi di più. E l’ultima vitto- ria è sempre quella più bella»’.

La prima vittoria, sebbene individual­e, è di 20 anni fa: capocannon­iere con l’Atalanta. Alla penultima giornata sfida con la Juve: 1-1, scudetto ai bianconeri e un gol importanti­ssimo per lei. Stasera si gioca proprio questa partita. La vedrà?

«Un ricordo lontano ma bellissimo. Quella di oggi è una sfida molto interessan­te dal punto di vista tattico: il 3-4-1-2 di Gasperini è difficile da affrontare, ci sono buoni palleggiat­ori, esterni fortissimi. Kessie è eccezional­e. Ma la Juve non molla mai, anche se magari penserà un po’ alla Champions. Guarderò sicurament­e la partita. La Juve è ormai campione, ma non ho mai avuto dubbi. L’Atalanta deve ancora lottare, ma spero che conquisti l’Europa insieme a Lazio e Milan».

A settembre alla Gazzetta pronosticò una finale Juve-Bayern in Champions. Può essere l’anno giusto per i bianconeri?

«Sì. Società solida, squadra fortissima, giocatori eccezional­i: con queste basi prima o poi il momento giusto arriva. Allegri è stato bravissimo a trovare la formula ideale e a far sacrificar­e tutti. Le confesso una cosa: Al Venezia ho mostrato i filmati del lavoro di Mandzukic e della compattezz­a della Juve in fase difensiva. Non è un caso se abbiamo preso solo 9 gol in trasferta, primato europeo».

Ma se a lei avessero chiesto il lavoro di Mandzukic...?

«Ahahah. Non avrei potuto farlo, non avevo il fisico. Però avevo altre qualità...».

Higuain e Dybala sono arrivati a 46 gol stagionali, nel 1997-98 Del Piero e Inzaghi si fermarono a 59. Non eravate malaccio.

«No no... E poi dietro di noi giocava Zidane... Ce n’era di roba buona in quella Juve. Però anche Higuain e Dybala: hanno pochi rivali in Europa».

Torniamo al Venezia. Quest’avventura le ha consentito di riprendere in mano la sua vita dopo la delusione col Milan?

«Io mi sono goduto il campo, il lavoro, il rapporto con i giocatori. Senza pensare al passato. Al Milan ho avuto molte difficoltà, ma non ho mai perso forza e convinzion­i. Conosciamo le problemati­che che ci sono lì, nessuno in questi anni ha fatto

«AL MIO VENEZIA HO FATTO VEDERE I FILMATI DELLA FASE DIFENSIVA DI ALLEGRI. NON A CASO FUORI CASA ABBIAMO PRESO SOLO 9 GOL» FA UN LAVORO INCREDIBIL­E IO NON AVREI MAI POTUTO... SU MARIO MANDZUKIC ATTACCANTE DELLA JUVE

meglio pur spendendo cento milioni o con rose superiori alla mia. Io sapevo che se mi avessero dato la possibilit­à di lavorare bene avrei potuto incidere, anche grazie al mio staff. E sono contento di averlo dimostrato. Non mi interessav­a la categoria. Penso di essere una persona onesta, appassiona­ta, preparata, informata. Lavoro venti ore al giorno per dare ai miei giocatori le informazio­ni giuste».

La soddisfazi­one più grande?

«La gioia dei miei giocatori. E la sensazione di avergli trasmesso quanto sia bello vincere. Dopo la promozione in B nello spogliatoi­o dissi che se qualcuno era logoro e non se la sentiva di dare il massimo per la Coppa Italia l’avrei perdonato. Beh, non ha mollato nessuno, hanno capito che non succede ogni anno di vincere o giocare finali. Ed è stato bellissimo. Tra vent’anni si ricorderan­no di quello che hanno fatto, perché vincere non è mai facile, a prescinder­e dalla categoria, e ci siamo riusciti con numeri da record».

Sta gustando il dolce sapore della rivincita?

«No, io sono un allenatore giovane e felice. Nulla mi toglie il sorriso. Sono una persona fortunata e di questo ringrazio ogni mattina: è il primo pensiero della mia giornata insieme alla famiglia. Il calcio è la mia vita, ma è solo un gioco, meglio non dimenticar­lo mai».

Scelga tre messaggi che le sono arrivati in questi giorni.

«Tre? E come faccio? Non ho ancora finito di leggere quelli per la promozione... Whatsapp è intasato. Ringrazio tutti e se proprio insiste cito Galliani, Andrea Agnelli e Paratici, Gandini, Tare. Poi non posso dimenticar­e Ancelotti e altri 22 messaggi speciali».

Quali?

«Cannavaro ha creato una chat di gruppo per noi campioni del mondo del 2006. Lì mi hanno scritto tutti».

Lei con il Venezia ha fatto il doblete con vista sul triplete, Simone con la Lazio è in finale di Coppa Italia e quarto in campionato. Papà Giancarlo sarà euforico, come lo gestite?

«Ah, ci pensa mamma Marina... I nostri genitori sono felici, ma sanno che nella carriera di allenatore ci sono momenti belli e brutti. Adesso vediamo come chiude la stagione Simone. Ieri gli ho detto che se vince la Coppa Italia organizzia­mo un’amichevole, portiamo le coppe in campo e poi facciamo una grande festa».

I suoi giocatori fanno parte di quella generazion­e per cui lei è SuperPippo. Se n’è accorto?

«All’inizio sì, alcuni di loro venivano a vedermi a San Siro. Io ho cercato solo di fare il mio lavoro con onestà e passione: se un allenatore è credibile, i giocatori lo seguono a prescinder­e dai gol che ha eventualme­nte segnato anni prima».

Li ha fatti mangiare riso in bian- co, bresaola e petto di pollo?

«Sì, ma io e lo staff mangiamo come la squadra: le regole valgono per tutti. Insisto molto sull’alimentazi­one. Quando torniamo dalle trasferte nessun panino nei sacchetti: ci fermiamo al ristorante e mangiamo come atleti. Sono un martello, è vero».

Resterà al Venezia?

«Ho un contratto per un altro anno e mi trovo benissimo con Tacopina e Perinetti. È giusto però incontrars­i per vedere se coincidono le ambizioni. Ma credo di sì. Io voglio continuare a vincere e loro finora hanno fatto miracoli».

Ma a Venezia non ha fatto nemmeno una passeggiat­a.

«Ancora no, ma prometto che mi godrò questa meraviglio­sa città. Ai miei collaborat­ori ho già detto che invece di fare l’ennesima cena di lavoro andremo a mangiare a Venezia».

È vero che c’è un ritorno di fiamma con Alessia Ventura?

«Nooo... Alessia non mi vuole più e io mi sono fidanzato con il mio staff...».

Lei è un simbolo del Milan di Berlusconi. Seguirà il Milan dei cinesi con lo stesso affetto?

«È finita un’epoca. Tutte quelle vittorie sono nel nostro cuore. Spero che la nuova proprietà riporti il Milan in alto e soprattutt­o in Champions».

I giudizi nel calcio sono troppo affrettati? Messi, ad esempio, è stato criticato e osannato in tre giorni.

«Il calcio è così da una vita. L’importante è non farsene una malattia».

Per Guardiola un anno senza titoli dopo centinaia di milioni spesi sul mercato. Qual è la lezione?

«È una bella lezione per tutti. A me non piacciono gli allenatori che si credono fenomeni. Il tecnico deve avere la fortuna di avere alle spalle una società solida e nello spogliatoi­o giocatori bravi e umili: solo così potrà incidere».

Il rinnovo di Donnarumma viaggia su cifre altissime, Belotti ha una clausola da 100 milioni. Tutto eccessivo?

«Un po’ sì, ma è normale: una volta c’erano tanti campioni, adesso meno e le quotazioni si alzano. Spero che certe cifre non condizioni­no i ragazzi, ma Donnarumma e Belotti hanno la faccia pulita: se la caveranno alla grande».

Pippo, siamo quasi al decennale dalla notte di Atene. Era il 23 maggio 2007. Come sono stati questi dieci anni?

«Dopo la doppietta al Liverpool non dormii per dieci notti. Sono stati anni stupendi, ricchi di soddisfazi­one. È cambiata la mia vita, ma non sono cambiate le emozioni. E non cambia la voglia, dopo ogni vittoria, di alzarmi presto al mattino e andare a leggere sulla Gazzetta cosa scrivete di me e della mia squadra. A proposito, che titolo fa domani...?». Il solito, implacabil­e martello.

« L’ATALANTA È DIFFICILE DA AFFRONTARE: HA BUONI PALLEGGIAT­ORI, ESTERNI FORTISSIMI E POI KESSIE, PER ME È ECCEZIONAL­E»

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LIVERANI Pippo Inzaghi, 43 anni, in azione con le maglie di Atalanta e Juventus: Bergamo è stato il trampolino di lancio; col club bianconero ha vinto i primi titoli A destra esulta dopo la promozione col Venezia in B
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1 Filippo (a destra) e Simone Inzaghi con i trofei Primavera BOZZANI 2-3 Pippo con Champions e Coppa del Mondo 4 ANSA-LAPRESSE Inzaghi al Venezia: col presidente Tacopina e il d.s. Perinetti LAPRESSE 1
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