QUEL LATO MENO CONOSCIUTO DI FARINA
Stamane a Ovada il mondo arbitrale darà l’ultimo saluto a Stefano Farina. Un grande fischietto (236 gare in A), diventato un grandissimo dirigente (era responsabile della Can B e presto sarebbe approdato a gestire il gruppo più importante). Quando qualcuno muore si è portati a ricordarlo nel migliore dei modi, abbondando nella retorica e omettendone per pietà umana i lati oscuri. Nel caso di Farina (aveva soltanto 54 anni) c’è invece un lato «oscuro» che merita di essere portato alla luce. Perché negli occhi degli sportivi italiani (e non) rimarrà sempre stagliata la figura dell’arbitro Farina, con i suoi pregi e i suoi difetti. Spesso ha dovuto fare i conti con questi ultimi. «Farina? Troppo autoritario e poi è antipatico con quel modo altezzoso di trattare i giocatori», il giudizio di alcuni dirigenti e allenatori. Il classico gioco delle parti, ma le caratteristiche di Farina erano quelle. Ogni arbitro ha le sue, guai a modificarle o peggio scimmiottare lo stile di chi va per la maggiore. Farina è cresciuto come direttore di gara in mezzo a una generazione di fenomeni che comprendeva Braschi, Collina, Messina (attuale designatore della Can A) e Rosetti (in rigoroso ordine anagrafico). Oltre a De Santis, scelto e poi cassato per il Mondiale 2006 a causa di Calciopoli. Farina (lontano anni luce dalla bufera che travolse molti suoi colleghi) in campo aveva un rispetto sacro per la partita e i suoi protagonisti e pretendeva lo stesso trattamento, perché la divisa dell’arbitro era per lui una missione. E quindi sì, a volte si lasciava andare ad atteggiamenti duri, specie verso chi mostrava strafottenza verso le regole. Così la fama «dell’antipatico» lo ha accompagnato per tutta la carriera. E lui ci scherzava sopra. Perché nella vita di tutti i giorni Stefano Farina era una persona godibilissima, sempre pronta alla battuta, autoironico. In una parola: simpatico. Passare con lui una serata portava a una riflessione finale: l’immagine e il giudizio dato al personaggio pubblico faceva a pugni con quello privato. Era accaduto anche poco più di un anno fa a Conegliano, sede del convegno «La gestione del talento» organizzato dalla locale sezione Aia (quella del suo vice Gabriele Gava). Con lui sul palco c’erano Bebe Vio, Boban, Jury Chechi, Margherita Granbassi e Andrea Lucchetta. Nel dopo cena Farina tenne banco tra retroscena (quando un arbitro andava male il suo commento era «bene, ma non benissimo») e battute esilaranti, mentre sorseggiava coca cola nella patria del prosecco. Dopo 14 mesi tutto è stato portato via dal vento. Ai suoi ragazzi della Can B diceva: «Trovate il vostro modo di arbitrare, io col mio spesso ho sbattuto il muso. Ed era un calcio diverso». Okay, Stefano. Ma il nostro augurio è che possano almeno copiare il Farina privato.