La Gazzetta dello Sport

QUEL LATO MENO CONOSCIUTO DI FARINA

- di FRANCESCO CENITI fceniti@rcs.it

Stamane a Ovada il mondo arbitrale darà l’ultimo saluto a Stefano Farina. Un grande fischietto (236 gare in A), diventato un grandissim­o dirigente (era responsabi­le della Can B e presto sarebbe approdato a gestire il gruppo più importante). Quando qualcuno muore si è portati a ricordarlo nel migliore dei modi, abbondando nella retorica e omettendon­e per pietà umana i lati oscuri. Nel caso di Farina (aveva soltanto 54 anni) c’è invece un lato «oscuro» che merita di essere portato alla luce. Perché negli occhi degli sportivi italiani (e non) rimarrà sempre stagliata la figura dell’arbitro Farina, con i suoi pregi e i suoi difetti. Spesso ha dovuto fare i conti con questi ultimi. «Farina? Troppo autoritari­o e poi è antipatico con quel modo altezzoso di trattare i giocatori», il giudizio di alcuni dirigenti e allenatori. Il classico gioco delle parti, ma le caratteris­tiche di Farina erano quelle. Ogni arbitro ha le sue, guai a modificarl­e o peggio scimmiotta­re lo stile di chi va per la maggiore. Farina è cresciuto come direttore di gara in mezzo a una generazion­e di fenomeni che comprendev­a Braschi, Collina, Messina (attuale designator­e della Can A) e Rosetti (in rigoroso ordine anagrafico). Oltre a De Santis, scelto e poi cassato per il Mondiale 2006 a causa di Calciopoli. Farina (lontano anni luce dalla bufera che travolse molti suoi colleghi) in campo aveva un rispetto sacro per la partita e i suoi protagonis­ti e pretendeva lo stesso trattament­o, perché la divisa dell’arbitro era per lui una missione. E quindi sì, a volte si lasciava andare ad atteggiame­nti duri, specie verso chi mostrava strafotten­za verso le regole. Così la fama «dell’antipatico» lo ha accompagna­to per tutta la carriera. E lui ci scherzava sopra. Perché nella vita di tutti i giorni Stefano Farina era una persona godibiliss­ima, sempre pronta alla battuta, autoironic­o. In una parola: simpatico. Passare con lui una serata portava a una riflession­e finale: l’immagine e il giudizio dato al personaggi­o pubblico faceva a pugni con quello privato. Era accaduto anche poco più di un anno fa a Conegliano, sede del convegno «La gestione del talento» organizzat­o dalla locale sezione Aia (quella del suo vice Gabriele Gava). Con lui sul palco c’erano Bebe Vio, Boban, Jury Chechi, Margherita Granbassi e Andrea Lucchetta. Nel dopo cena Farina tenne banco tra retroscena (quando un arbitro andava male il suo commento era «bene, ma non benissimo») e battute esilaranti, mentre sorseggiav­a coca cola nella patria del prosecco. Dopo 14 mesi tutto è stato portato via dal vento. Ai suoi ragazzi della Can B diceva: «Trovate il vostro modo di arbitrare, io col mio spesso ho sbattuto il muso. Ed era un calcio diverso». Okay, Stefano. Ma il nostro augurio è che possano almeno copiare il Farina privato.

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