La Gazzetta dello Sport

La chanson de Rolland «Addio stress da rosa Io vivo per giorni così»

Francese, 1° sull’Alpe d’Huez 2011, non pensa più alla classifica Ora cerca tappe e vince. «Corro come se non ci fosse un domani»

- Claudio Ghisalbert­i INVIATO A CANAZEI

«Chissà che gioia sta provando. Arrivare soli è bellissimo » . Cento metri dopo il traguardo Purito Rodriguez commenta così l’entrata trionfale a Canazei di Pierre Rolland. Una vittoria cercata, fortemente voluta. In Italia, Rolland è poco conosciuto. In Francia invece è un corridore molto importante. È con la sua vittoria nel 2011 all’Alpe d’Huez, ottenuta staccando Samuel Sanchez, Contador ed Evans in maglia gialla, che i transalpin­i dopo tanti anni di misere soddisfazi­oni, hanno ritrovato fiducia e sogni sulle grandi montagne. Rolland quell’anno sui Campi Elisi vestì la maglia bianca, sembrava avere il futuro dei grandi giri in mano. Invece la sua carriera ha preso una piega diversa. L’anno dopo, a La Toussuire, ha rivinto una tappa al Tour davanti a Pinot, Froome, Nibali e Wiggins. Nel 2014 finì 4° al Giro, ma la consacrazi­one non è mai arrivata e ora s’è convertito in un cacciatore di tappe.

Rolland, com’è nata la scelta?

«Quest’inverno sono andato in Colorado, da Vaughters che oltre a essere team manager Cannondale è anche mio preparator­e. L’abbiamo fatta insieme».

Come mai?

«Prima ero obbligato a pensare alla generale. Però è stressante, duro, difficile. Devi stare attento e controllar­e tanti fattori: cadute, movimenti in gruppo, tempo che perdi e che guada- gni. È tutto troppo controllat­o e va contro il mio modo di correre. Mi stressa in modo enorme. Tutti pensano ad aspettare, a conservare le energie per il giorno dopo, a recupere gli sforzi. Dopo il Tour per 2 o 3 mesi ero stravolto, finito. Non potevo andare così. A me piace attaccare. Correre in bici è già difficile, se non lo fai con piacere e soddisfazi­one non ha senso».

È vero che martedì si è svegliato alle 5 per l’emozione?

« Sì. Ero eccitato perché mi aspettava lo Stelvio che fa par- te della storia del mio sport. Amo le grandi montagne. Ci tenevo a far bene, non è stato così. Ho avuto una brutta giornata forse per l’altitudine».

È andata bene qui?

«Sono molto felice. Ho scritto una piccola pagina di storia al Giro. Prima del via, Guidi (il d.s., ndr) mi ha chiesto che intenzioni avevo. Gli ho risposto che se si fosse presentata l’occasione ci avrei provato anche perché sapevo che la tappa dello Stelvio, una delle più dure che ho affrontato nella mia vita, sarebbe rimasta nelle gambe di molti. Ho corso come se non ci fosse un domani ed è stata la scelta giusta».

Si sente il capitano di strada?

«Nella nostra squadra ci sono buoni giovani come Formolo e Carthy. Io spero di essere un esempio di profession­ista per loro e per gli altri. Non sono capitano di strada, ma so che mi rispettano perché vedono che il lavoro duro paga».

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BETTINI Rolland al traguardo di Canazei: è la sua 10a vittoria da pro’
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BETTINI Pierre Rolland, 30 anni

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