La Gazzetta dello Sport

SIMPSON, MIO EROE MALEDETTO E IL PATTO CHE NON POTÉ ONORARE

- by SIR PAUL SMITH

Uno degli eroi della mia giovinezza ciclistica fu Tom Simpson, il corridore che 50 anni fa — a soli 29 anni — morì al Tour de France, sul Mont Ventoux. Simpson era cresciuto a Harworth, un villaggio di minatori a poche miglia a nord di Nottingham, dove viveva la mia famiglia. Fu il primo britannico a farsi una fama

nelle corse in Europa, e nel 1965 vinse il Mondiale a San Sebastian. La sua maglia iridata è tra i cimeli di un piccolo museo che il suo paese natale gli ha dedicato. Non corse mai il Giro, forse perché in carriera militò solo in team francesi, sebbene le biciclette della Peugeot venissero costruite da Faliero Masi, il grande costruttor­e di telai che aveva la propria officina al velodromo Vigorelli di Milano, che ho avuto la fortuna di visitare. Due dei giorni più importanti della sua carriera, però, arrivarono in Italia. Il primo fu nel 1964 quando vinse la MilanoSanr­emo, diventando il primo britannico a trionfare nella Classiciss­ima di Primavera. Il secondo fu il Lombardia 1965, quando condivise una lunga fuga con Gianni Motta prima di andarsene verso la vittoria. Simpson aveva imparato un po’ di italiano e morì poco dopo aver trovato un accordo per il 1968 con una grande squadra, la Salvarani, dove avrebbe dovuto unire le forze con Felice Gimondi. Purtroppo non fece in tempo.

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