La Gazzetta dello Sport

MILAN, LA COLPA NON ERA DEI TECNICI

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Nelle ultime quattro stagioni, il Milan ha visto avvicendar­si sulla propria panchina 6 allenatori. In questo lasso di tempo, il miglior piazzament­o dei rossoneri è stato il sesto posto dell’ultimo torneo. Non granché, ma sempre meglio dei precedenti: un settimo, un decimo e un ottavo posto. Poi è cambiata la proprietà e anziché l’allenatore sono stati sostituiti almeno otto undicesimi della squadra titolare. Sulla «Gazzetta» di ieri, Jack Bonaventur­a con molta onestà ha espresso un concetto che a me personalme­nte sembrava elementare, ma sul quale evidenteme­nte qualcuno la pensava all’opposto, stando alla girandola di tecnici. Riassumo le sue parole: «Visti i piazzament­i degli ultimi anni, era logico cambiare un po’ drasticame­nte. Sento parlare spesso della mancanza di uno zoccolo duro nello spogliatoi­o e concetti simili. Balle: la verità è che se siamo arrivati sesti o settimi è perché la rosa era da sesto o settimo posto».

In altre parole: hai voglia a cacciare allenatori, facendo capire indirettam­ente che non avevano fatto rendere la rosa per il suo reale valore, ma se non ti schiodi dalla mediocrità, il difetto non può essere soltanto nel manico. Massimilia­no Allegri ha vinto tre scudetti di fila con la Juve ed è arrivato in finale di Champions in due stagioni su tre: al Milan è stato mandato via senza tanti compliment­i, come un pirla qualsiasi per dirla alla Mourinho. Ma in quel Milan, nemmeno il grande Mou avrebbe potuto fare molto di più, e lo stesso sarebbe toccato a Sacchi, o a Capello, o a Simeone o alle buonanime di Vittorio Pozzo o Helmut Schön, se come nel film «L’uomo dei sogni» fossero tornati dal paradiso degli sportivi per sedersi nuovamente in panchina. Voglio dire che se non c’è il materiale umano su cui lavorare, anche il migliore dei tecnici si deve rassegnare: con tutto il rispetto per dei giocatori di Serie A, non si può cavare il sangue dalle rape.

A questo proposito, il 3-1 che il Milan ha beccato ieri in Cina dal Borussia Dortmund non deve preoccupar­e i tifosi rossoneri, anzi casomai conferma quanto fosse necessaria la rivoluzion­e messa in atto dal trio Li-Fassone-Mirabelli. Difatti in campo c’erano «soltanto» cinque acquisti (Musacchio, Rodriguez, Kessie, Calhanoglu e Borini), mentre quattro nuovi arrivi pesanti (Bonucci, Biglia, André Silva e Conti) erano ancora in volo e mancava uno degli «acquisti» più importanti, cioé Donnarumma. Voglio dire che il Milan era proprio da rifare e che cinque innesti non sarebbero bastati nemmeno a garantirsi una figura decente col Dortmund, terzo nell’ultima Bundesliga a 18 punti dal Bayern. Il Milan, lui, ne aveva presi 28 dalla Juve: sì, ci voleva la rivoluzion­e.

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NINO MINOLITI

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