MILANO D’INVERNO VALE UN’OLIMPIADE
Signori, in carrozza: dal binario 5 il treno ad alta velocità per Torino, dal binario 7 il «supersonico» per Bormio. Il rilancio della candidatura di Milano da parte del sindaco Beppe Sala alla sessione del Cio di Lima disegna scenari futuristici per l’Olimpiade Invernale 2026 in cui proprio i mezzi di trasporto — con le innovazioni prevedibili da qui a 10 anni — potrebbero avere un ruolo decisivo. Già, perché Milano può giustamente arrogarsi il titolo di capitale morale ed economica d’Italia, della moda e dell’editoria ma non certo quella degli sport invernali. Eppure, proprio in virtù delle nuove regole del Cio e di una visione più moderna dei Giochi, la candidatura non è proprio campata in aria. Il primo fattore favorevole viene dalla sequenza di sedi olimpiche che si verificherà nel 2026: dopo due Olimpiadi invernali in Asia (PyeongChang 2018 e Pechino 2022) e alla vigilia di un’Olimpiade estiva in America (Los Angeles 2028) è molto probabile che la scelta cada sull’Europa. Poche possibilità quindi per Calgary (Canada) contro Stoccolma, Sion, Innsbruck e Milano. In Svezia e Austria si tratterebbe di sfruttare impianti già esistenti ma l’appoggio della cittadinanza non è scontato: la capitale svedese senza sostegno popolare aveva già rischiato di rinunciare in aprile ma non è tenuta a fare il referendum; il capoluogo tirolese terrà la consultazione il 15 ottobre in coincidenza con le elezioni politiche. Per la sessione di approvazione del novembre 2018 a Buenos Aires la candidata più accreditata sembra comunque Sion (Svizzera), all’ennesimo tentativo.
Dopo il fuggi-fuggi degli ultimi appuntamenti è chiaro che le aperture economiche del Cio hanno reso le Olimpiadi di nuovo appetibili anche sul piano economico e giustamente Sala vuole sfruttare l’ultima coda dell’effetto-Expo. Contando sul sostegno politico e popolare (il secondo probabile ma non scontato) della città, i Giochi del 2026 permetterebbero di colmare l’ultima grande lacuna di Milano: la carenza di impianti sportivi. Ma è chiaro che, partendo da zero, bisogna chiedere aiuto ai «vicini» e qui entrano in gioco Torino e la Valtellina. Come conferma nelle pagine interne il presidente della Regione, Sergio Chiamparino (in sintonia anche politica con Sala) a vent’anni di distanza dai Giochi 2006 il Piemonte è disposto a mettere in campo tutto quello che ha: non solo gli impianti di slittino, bob e salto (ora abbandonati) ma anche le piste da sci alpino e di fondo, se non addirittura quelli del ghiaccio. Ma è chiaro che il Cio non abboccherebbe a una seconda candidatura di Torino travestita da Milano (soltanto nel nome) e quindi ben venga la possibilità di trasferirsi in Valtellina per lo sci. Meno di un’ora di treno veloce per andare a Torino, meno di due per raggiungere Bormio: un’area olimpica racchiusa nel raggio di 200 chilometri risponderebbe alle richieste più ragionevoli della nuova era olimpica. Ma cosa ci metterebbe Milano oltre al nome? E’ chiaro che, oltre alla sede operativa e al Villaggio olimpico principale probabilmente nell’ex-area Expo, la sede titolare dei Giochi 2026 dovrebbe ospitare almeno le varie discipline del pattinaggio, curling e gli incontri principali di hockey. Per questo dovrebbe dotarsi di un vero Palazzo del ghiaccio, a meno che non si voglia utilizzare il Forum che ospiterà i Mondiali di figura a marzo. Escludendo un investimento su impianti che non hanno un riutilizzo post-olimpico, si possono ipotizzare in città gare di sprint di fondo e biathlon ma poco di più. Il dossier e la candidatura ufficiali sono ancora di là da venire ma siamo sicuri che l’idea di una Grande Milano olimpica piacerebbe al nuovo Cio. E sarebbe vincente soprattutto se fra due anni si assegnassero in tandem Giochi 2026 e 2030: accoppiata MilanoCalgary come Parigi-Los Angeles?