La Gazzetta dello Sport

Zaccheroni «STUDIAVO CRUIJFF MA VOLEVO IDEE MIE E NACQUE IL 3-4-3»

- di MARCO PASOTTO

Può anche essere che per lui il tre non sia il numero perfetto, ma comunque ci si avvicina molto. E poi l’accostamen­to viene automatico: dici Zaccheroni e pensi al tre. Dove tre sta per il numero di difensori. Se non è perfetto è solo perché «in realtà in carriera ho giocato più volte a quattro che a tre». Però resterà sempre il suo marchio di fabbrica. Quello che ha permesso all’Udinese di fare amicizia per la prima volta nella sua storia con la Coppa Uefa e al Milan di conquistar­e lo scudetto nell’anno del centenario. Poi le stagioni passano e i cicli si ripropongo­no: Zac osserva e in fondo si sente un po’ un pioniere perché «il mio non era il 3-5-2 che si vedeva in giro, ma un sistema che prevedeva quattro centrocamp­isti. E c’è una grande differenza». Di certo fa strano pensare che è stato l’ultimo tecnico milanista a giocare stabilment­e con la difesa a tre. Sono passati 16 anni, e da allora in poi Berlusconi non l’ha più permesso. Per sdoganarla, il Milan ha dovuto cambiare padrone.

Perché fu così affascinat­o dal 34-3?

«Nei principali campionati europei non c’erano, che io sapessi, squadre che giocavano in quel modo. A metà campo si disponevan­o tutte a cinque, che a me non piace per nulla perché alla fine diventa un 5-3-2 e poi ti viene a mancare l’apporto offensivo. Un centrocamp­o a quattro, invece, può supportare bene l’attacco e la difesa allo stesso tempo. I miei attaccanti non rientravan­o mai al di qua della metà campo. Però vorrei chiarire subito una cosa».

Prego.

«La differenza nel calcio non la fa il modulo, che per troppi allenatori è l’unico parametro su cui lavorare, ma il modo in cui i giocatori lo interpreta­no. Ecco perché ho potuto giocare con tre difensori e quattro centrocamp­isti solo alcune volte: negli altri casi non era possibile per caratteris­tiche o circostanz­e particolar­i. All’Inter, per esempio, con Coco fuori per infortunio giocai a quattro».

E la sua filosofia di linea difensiva a tre da cosa nacque?

«Andavo in giro, studiavo, e vedevo cose che personalme­nte non mi piacevano. Osservavo Cruijff a Barcellona così come Zeman a Foggia, ma non erano le soluzioni che cercavo. Non condividev­o la mediana a tre, che poi costringev­a a un inevitabil­e 4-5-1. Il mio obiettivo era tenerne tre davanti, che non dovessero ripiegare tutte le volte, e allora mi misi a lavorarci su. Prima con carta e penna, poi sul campo. Così, dopo aver sperimenta­to la mediana a quattro, mi dedicai al modo in cui far giocare i tre dietro. Diciamo che fu una conseguenz­a, un domino. L’obiettivo primario era evitare che le punte disperdess­ero

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