La Gazzetta dello Sport

PINOT, 20 ANNI DOPO LA FRANCIA CI PROVA

Oggi Milano-Torino, sabato Lombardia: da vent’anni non le vince un francese «Nelle vostre gare mi esalto, pronto per qualcosa di importante». La sfida con Aru

- Ciro Scognamigl­io cscognamig­lio@gazzetta.it twitter@cirogazzet­ta

Vent’anni che un francese non vince la Milano-Torino. Vent’anni che un francese non vince il Lombardia. Laurent Jalabert, nel 1997, firmò la doppietta in 4 giorni: 15-18 ottobre. Thibaut Pinot ne ha uno in meno — oggi la classica più antica (1876), sabato l’ultimo Monumento della stagione —, ma si presenta al via con la medesima ambizione. La doppietta. «Di queste due gare mi piace tutto. Il percorso, l’ambiente, il clima. Mi sono preparato bene, sono in forma. Perché non provarci?», spiega il 27enne francese della Fdj. I rivali — i più titolati sono Fabio Aru, Tom Dumoulin e Nairo Quintana — non mancano. Il contesto — doppia scalata al Colle di Superga, 4,9 km al 9,1% medio (max 14%), traguardo con vista Basilica — vale una grande ispirazion­e.

APPUNTAMEN­TI La campagna d’Italia di Pinot sta finendo in autunno, ma era cominciata in primavera. I risultati lo hanno premiato spesso: 3° alla Tirreno-Adriatico a marzo, 2° al Tour of the Alps (con il bonus della tappa conquistat­a a Trento) ad aprile, 4° al Giro d’Italia a 37” dal podio — dopo aver vinto ad Asiago — a maggio. Sabato scorso ha chiuso 8° il Giro d’Emilia, martedì ha sfiorato il successo alla Tre Valli Varesine (2°). Paradossal­mente, il buco nero della sua stagione è stato quel Tour de France che lo vide 3° e miglior giovane nel 2014, oltre che più volte vincitore di tappa (anche sull’Alpe d’Huez). «L’avevo stabilito a inizio anno: andare al Giro per la classifica e al Tour per cercare qualche successo parziale. Ma mi sono ammalato e poi ritirato. Ero arrabbiato, avevo anche pensato di chiudere la stagione lì. Poi ho pensato che non mi sarebbe piaciuto, e ho ritrovato la motivazion­e. Ho vinto il Tour de l’Ain ad agosto, ho riflettuto sul fatto che il Lombardia avesse più o meno lo stesso percorso del 2015, quando vinse Nibali e io arrivai terzo. Lunedì sono andato a rivederlo. E’ bello».

TATTICA Alla Tre Valli Varesine, nel finale, forse ha dato qualche colpo di pedale in meno del dovuto quando si è trovato assieme a Nibali, di cui aveva parato l’attacco. «Volevo fare una gara di preparazio­ne, senza pensarci troppo. Però più passavano i chilometri più mi sentivo meglio, e allora ho giocato le mie carte». Avrebbe avuto discrete possibilit­à di battere Nibali allo sprint, invece ha favorito il rientro di Geniez, che corre per la «rivale» Ag2r e l’ha beffato. Non è la prima volta che capita. Ricordate il finale della tappa di Mende del Tour 2015? Pinot e il «gemello diverso» Romain Bardet (sempre Ag2r) davanti, pronti a giocarsi il successo ma anche a tergiversa­re sul più bello. Così Stephen Cummings in rimonta beffò entrambi.

ATMOSFERA L’amore di Pinot per l’Italia non è più una notizia. Si alimenta dai primi successi (Giro della Valle d’Aosta da Under 23, Settimana Lombarda), passa attraverso escursioni extra-ciclistich­e — Thibaut ama il grande calcio e riconosce in San Siro la Scala del pallone —, lascia segni indelebili sulla pelle (il tatuaggio «Solo la vittoria è bella»). Soprattutt­o, non è troppo semplice da spiegare razionalme­nte. «E’ un insieme di cose — dice Pinot —. L’Italia è una delle nazioni storiche del ciclismo e i percorsi delle gare spesso mi si addicono. Si respirano competenza e passione. Quest’anno ho ottenuto da voi i miei risultati principali e la stagione è già buona. Nel 2018 curerò ancora un solo grande giro per la generale, ma non so ancora quale. Voglio vedere i percorsi. Intanto, però, tra Milano-Torino e Lombardia sento di avere da fare ancora qualcosa di importante».

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