La Gazzetta dello Sport

«Milano-Varese derby da turista Ora vi racconto quel magico 1972»

Il mito dell’Ignis sarà al Forum: «Accompagno gruppi di americani alla scoperta dell’Italia Il derby? Mi riporta allo spareggio di Bologna»

- Vincenzo Di Schiavi

La sua terza vita, dopo quella sportiva e accademica, è sempre un inno all’Italia. La grandezza di Bob Morse va oltre il parquet e i ricordi: da 45 anni è un ambasciato­re del nostro Paese nel mondo. Da quando, nel 1972, sbarcò in Lombardia per fare grande Varese e il nostro basket. Trasforman­dosi poi, con l’incedere dei decenni, in un testimonia­l culturale. Lasciata la cattedra di lingua, cultura e letteratur­a italiana al Saint Mary’s College di Notre Dame nell’Indiana, ora veste i panni del tour operator con un progetto che lo ha riportato nell’amata Varese e domenica sarà al Forum per il derby con Milano.

Morse, ci racconti questa sua nuova avventura.

«Lasciato l’insegnamen­to, mi sono trasferito a Portland dove vivono le mie due figlie e i due nipotini. Là insegno part-time la vostra lingua in una scuola italiana. Al preside, che ha pure un’agenzia turistica, ho esposto il mio progetto: viaggi di gruppo in Italia fuori dalle classiche rotte turistiche. Il mio compito è quello di individuar­e questa clientela selezionat­a. Abbiamo una comitiva di undici persone che farà un tour dei Laghi del Nord Italia. Un modo per coniugare cultura, cucina, tradizione e pallacanes­tro visto che assisterem­o a Milano-Varese e Varese-Cantù».

Tutti appassiona­ti di pallacanes­tro?

«Quasi tutti, essendo amici dei tempi dell’università. Uno di loro giocava con me a Pennsylvan­ia. Un triennio d’oro fatto di 78 vinte e 6 perse: anni formidabil­i come quelli con l’Ignis».

Domenica assisterà a MilanoVare­se. Spazio ai ricordi.

«Avevo intuito che il motivo di fondo per cui fui preferito a Manuel Raga era quello di battere il Simmenthal. Ero fisicament­e più adatto a reggere l’urto. I ricordi più belli sono legati al primo anno: li incontramm­o al trofeo Lombardia, in un torneo a Belgrado, due volte in campionato, altrettant­e in semifinale di coppa Campioni e nello spareggio scudetto il 25 aprile 1973. Su 7 gare ne vincemmo 6 perdendone una a Milano con un arbitraggi­o discutibil­e. Nello spareggio di Bologna segnai un canestro decisivo nel finale con un tap-in dopo aver sbagliato dall’angolo. Fantastico».

Uomini e volti di un derby infinito.

«Dino Meneghin e Arthur Kenney, che botte che volavano... Ma anche le sfide tra me e Bariviera non erano da meno. Lui era alto quasi come me, veloce, atletico. Io avevo il vantaggio di girare sui blocchi di Dino per andare al tiro. Poi la Milano di Sylvester e quella di Mike D’Antoni. Che furbo Mike, sapeva sempre come rubarti la palla».

Domenica riabbracce­rà anche coach Sandro Gamba.

«Quattro anni assieme a Varese, vincendo tanto. Ricordo la vigilia della finale di Coppa Campioni a Ginevra del 1976: andammo insieme a vedere il film “Mussolini” con Franco Nero. Lui voleva sapere tutto degli Usa, io dell’Italia. Siamo amici da una vita».

Ci racconti l’Italia di allora.

«Era quella dell’austerity. La domenica non circolavan­o le macchine, quando al palasport si andava in autobus e c’era chi girava a cavallo per Varese. Poi la stagione del terrorismo, l’Italicus, il rapimento di Aldo Moro, gli scioperi, il movimento del ‘77. Varese era un’isola felice rispetto a Roma, Milano o Bologna dove le tensioni politiche erano fortissime. Noi vincevamo contro Real Madrid e Cska Mosca. La piccola città che batte le metropoli. Eravamo ambasciato­ri non solo dell’Ignis ma di una città intera. Erano anni di piombo, ma per noi del basket erano anni d’oro».

Tutt’altra storia quella di domenica.

«Lo so, Milano ha alle spalle Giorgio Armani, Varese vive su un progetto diverso. I miei turisti si godranno comunque un grande spettacolo».

Capitolo Nba. Che effetto le fa?

«Mi piace Golden State. Mi piace veder tirare Steph Curry perché fa cose mai viste e lo dice uno che un po’ sapeva fare canestro. Il business che soffoca l’aspetto sportivo, invece, mi piace meno».

E della querelle tra gli sportivi americani e il presidente Trump cosa pensa?

«Che tra la crisi coreana, il Medio Oriente e questioni legate all’ambiente, il presidente avrebbe di meglio a cui pensare. Ha fatto fortuna nel campo immobiliar­e, poi è passato ai media e alla politica. Mi ricorda un ex primo ministro italiano...».

Per finire: lei è tra i candidati alla Hall of Fame Fiba.

«Sì, su richiesta della Federazion­e italiana che ha proposto un atleta straniero. Caso più unico che raro. Ne sono orgoglioso e vado fiero della mia italianità basata su una lunga esperienza di vita. Entrare nella Hall of Fame quindi sarebbe proprio il massimo». E noi dovremmo fare di tutto per accontenta­rlo.

RICORDO L’AUSTERITY, L’ITALICUS E GLI ANNI DI PIOMBO NEL BASKET ERANO ANNI D’ORO: REAL, MILANO E CSKA ANDAVANO K.O. BOB MORSE EX STELLA DI VARESE

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Bob Morse in azione al Palalido di Milano contro il Simmenthal nella prima delle sue 11 stagioni italiane: 1972-73
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LIVERANI Bob Morse, 66 anni

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