La Gazzetta dello Sport

I laureati italiani sono davvero così somari e male utilizzati?

Impietosa fotografia dell’Ocse: finiscono gli studi solo il 20% dei giovani e sono anche impreparat­i... Colpa delle tante imprese a gestione familiare (oltre l’85%) e della poca meritocraz­ia. E al Sud le cose vanno peggio, il divario col Nord aumenta

- Di GIORGIO DELL’ARTI gda@vespina.com

Oggi vorrei parlarle di un documento di 280 pagine intitolato “Strategia per le competenze per l’Italia”, messo insieme dopo due anni di lavoro dall’Ocse, ovvero dall’Organizzaz­ione per la cooperazio­ne e lo sviluppo economico.

1 Mi faccia capire, lei si è letto 280 pagine di un testo con un titolo così noioso?

Ma no, questa ricerca è stata presentata ieri a Roma, al ministero del Tesoro, alla presenza del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. E dice delle cose che dovrebbero interessar­la e anche preoccupar­la. In sostanza in questo documento c’è scritto che solo il 20% degli italiani tra i 25 e i 34 anni è laureato, mentre la media dei 29 Paesi monitorati che fanno parte dell’Ocse (sui 35 complessiv­i) è del 30%. Ma non si tratta soltanto di avere meno laureati, perché chi ha un titolo di studio universita­rio in Italia ha «in media, un più basso tasso di competenze in lettura e matematica». Per l’esattezza, in questo siamo ventiseies­imi su ventinove.

2 Non mi sembra una grande novità. Sono anni che sento citare studi e classifich­e da cui i nostri ragazzi escono pressappoc­o come dei somari.

Questo rapporto dice in realtà che gli studenti italiani non sono solo meno preparati, ma anche male impiegati. Un paradosso per cui ci sono lavoratori che hanno competenze superiori ma hanno mansioni che ne richiedono meno (11,7%) e sono sovra-qualificat­i (18%), con una percentual­e elevatissi­ma (35%) di lavoratori occupati in un settore non correlato ai propri studi. In inglese il fenomeno è detto «skills mismatch», in italiano si potrebbe tradurre con «dialogo tra sordi», dove i due interlocut­ori sono il lavoratore e il posto di lavoro. Anche per questo la produttivi­tà, «che per un ventennio ha avuto in Italia un andamento stagnante, permane a livelli non soddisface­nti» ci dice l’Ocse, che sottolinea poi come l’Italia sia relegata agli ultimi posti su scala europea per investimen­ti sui giovani, in tutte le declinazio­ni del termine: per esempio in formazione spendiamo appena il 4% del Pil, peggio della Grecia e le risorse destinate all’università sono in calo dal 2008. Pessima anche la condizione femminile: le donne scelgono spesso specializz­azioni universita­rie che «non sono molto richieste dal mercato del lavoro e che rendono loro difficile trovare un’occupazion­e dopo la laurea». Di più: le donne sono spesso percepite «come le principali assistenti familiari». Ci sarebbero poi una miriade di altri dati che le potrei citare, ma evito di annoiarla. C’è una cosa però che mi ha colpito: a un certo punto l’Ocse scrive tra le righe che uno dei grandi ostacoli nel campo del lavoro in Italia è la famiglia.

3 E ora che cosa c’entra la famiglia?

Le imprese a gestione familiare da noi sono più dell’85% del totale e rappresent­ano il 70 per cento dell’occupazion­e del Paese. E questo crea un circolo vizioso: anche «i manager delle imprese a gestione familiare spesso non hanno le competenze necessarie per adottare e gestire tecnologie nuove e complesse», nota freddament­e l’Ocse.

4 Capisco, pochi investimen­ti, scarso valore al merito… Ma non riuscirà a convincerm­i che i ragazzi italiani studiano poco e male.

Non si abbandoni a generalizz­azioni. Il livello di istruzione e di preparazio­ne varia molto da Nord a Sud. Tra gli studenti della Provincia di Bolzano e quelli della Campania esiste un divario che equivale a più di un anno scolastico. I ragazzi campani sono allo stesso livello di quelli cileni o bulgari. Lo dicono i risultati del test Pisa, un sistema internazio­nale per accertare le competenze dei quindicenn­i scolarizza­ti.

5 Eppure io mi ricordo che alla maturità i voti migliori li prendono sempre gli studenti del Sud.

È vero. Agli ultimi esami, la scorsa estate, tra i 100 e lode ottenuti dai 5.494 maturandi italiani, il primato è stato degli studenti pugliesi, con 944 che hanno ottenuto il voto più alto, seguiti dai campani (802) e dai siciliani (516). Per fare un esempio, in Piemonte le lodi sono state solo 196. Il che evidenteme­nte non vuol dire che i ragazzi di Torino sono meno preparati di quelli di Bari, anzi, ma che forse i professori in certe regioni sono più buoni al momento di dare un voto. Ma il fatto che dovrebbe scandalizz­arci davvero è che nelle scuole italiane non si boccia più. All’ultimo esame di terza media il 99,8% dei ragazzi è stato promosso e il 99,5 dei maturandi è stato considerat­o idoneo, andando magari a ingrossare le fila degli studenti universita­ri che faranno poi fatica a trovare un lavoro. Senta cosa ha detto Giacomo Pignataro, rettore dell’Università di Catania: «Nelle scuole del Sud si tiene conto del contesto. Spesso, per evitare una dispersion­e scolastica ancora più massiccia, nelle aule si abbassano gli standard di valutazion­e e, a ricasco, chi va sempliceme­nte bene ottiene valutazion­i superlativ­e. I problemi, tra l’altro, si ripercuoto­no sulle nostre università: le matricole che arrivano da noi sono spesso impreparat­e. Hanno deficit seri, soprattutt­o in italiano e in matematica».

Solo ventiseies­imi su 29 Paesi: «Basse le competenze in lettura e matematica»

 ?? ANSA ?? Un gruppo di nuovi laureati all’università di Bologna: dal rapporto Ocse emergono tutte le difficoltà per chi consegue il titolo in Italia
ANSA Un gruppo di nuovi laureati all’università di Bologna: dal rapporto Ocse emergono tutte le difficoltà per chi consegue il titolo in Italia

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy