La Gazzetta dello Sport

DEL PIERO DICO JUVE MA MENO DEL SOLITO CON SARRI MI SAREI DIVERTITO

L’ex capitano bianconero: «Dybala col 10 mi emoziona Avrei voluto giocare per il tecnico napoletano»

- L’INTERVISTA di JACOPO GERNA

Lo guardi e ti sembra impossibil­e che sia sceso solo da poche ore da un aereo decollato dalla California. Sneakers all’ultimo grido, barba curata e una giacca che lascia intraveder­e un fisico molto vicino a quello di quando giocava. I colori dominanti, il rosso e il nero, sono solo un dettaglio. Alessandro Del Piero è più di un simbolo della Juventus: la sua carriera e il suo modo di essere fanno sì che sia stimato al di là del mondo bianconero. Per questo le aziende fanno a gara per averlo come testimonia­l. Ale si mette al volante e mentre prova una nuova auto si concede due chiacchier­e con la Gazzetta.

Alessandro, il bambino che sognava di fare il camionista è diventato cittadino del mondo a suon di viaggi. Australia, India, ora gli States.

«Conclusa l’esperienza con la Juve 5 anni fa cercavo esperienze nuove, che mi potessero dare qualcosa anche per il dopo calcio. Così sono arrivate l’Australia e l’India. E la decisione di trasferirs­i a Los Angeles, dove ormai vivo da tre anni e qualche mese. In California io e la mia famiglia stiamo benissimo, L.A. è davvero l’ideale per far crescere i figli (ne ha 3, Tobias, Dorotea e Sasha), che sono la cosa più importante che ho. Poi da qui posso seguire la mia Academy per giovani calciatori e ho in cantiere altri progetti».

La passione per l’Nba è cosa nota. Quest’anno a Los Angeles, sponda Clippers, c’è anche Danilo Gallinari.

«Sono felice che anche il Gallo venga a stare qui, gioca in una squadra competitiv­a e andrò spesso allo Staples Center. Si divertirà. Per i Lakers invece intravedo un altro anno complicato, anche se il rookie Lonzo Ball è un piccolo fenomeno. Sono stato anche a Ucla a vederlo giocare e bastavano 2’ per capire che ha un altro passo».

In Usa la tecnologia è entrata nello sport da anni. Nel nostro calcio è arrivata la Var che sta già facendo discutere.

«Sono assolutame­nte favorevole, ma deve essere chiaro quando può essere utilizzata e quando no. Serve un protocollo chiaro, altrimenti poi si torna alle solite polemiche».

Diciannove anni di Juve. Nel calcio di oggi fa impression­e solo dirlo.

«E’ stato un percorso meraviglio­so, ho amato e amo questa maglia come una parte di me. Il debutto, il primo scudetto, la Champions al- l’Olimpico... Non potrei scegliere un solo momento. E dire che dopo il primo anno stavo per andare al Parma. Non conosco nemmeno tutti i dettagli di quella trattativa, so solo che a un certo punto Marcello Lippi disse che il ragazzino come quarta punta gli andava benissimo».

E quella scelta di restare, da capitano, anche in serie B.

«L’intero 2006 è stato un anno folle, pazzesco. Ci siamo ritrovati da campioni del mondo a retrocessi in B senza sapere perché. Basta vedere il tabellino della finale del Mondiale 2006 per capire che cos’era quella Juve che sparì nello spazio di un’estate. Tutto passò sopra la mia testa, senza che io potessi fare nulla. Ma non esitai neppure un secondo a rimanere quando la società mi chiese che cosa volevo fare. Ero il capitano di una squadra che sentivo dentro di me e con cui avevo vinto tutto. Ho sentito il dovere di dare l’esempio e accelerare la ricostruzi­one. Il cerchio si è chiuso nel 2012: 6 anni dopo quel terremoto la Juve era tornata a vincere lo scudetto. E io potevo chiudere con un certo tipo di calcio con un ultimo e inaspettat­o titolo».

Come Bergomi e Maldini con Inter e Milan, la bandiera Del Piero non fa parte della sua squadra di sempre.

«La vita è fatta anche di momenti e la Juventus di oggi ha una struttura molto chiara e composta da dirigenti davvero in gamba. Ho avuto modo di incontrare Andrea Agnelli, abbiamo chiarito delle cose e oggi posso dire serenament­e che non c’è nulla in sospeso tra noi».

Più che dei giocatori simbolo, quello del 2017 è il calcio degli sceicchi, delle campagne acquisti da centinaia di milioni a sessione di mercato.

«Ai miei tempi era così in parte, e di sicuro non giravano certe cifre. Ma in America ho scoperto la potenza dello sport come veicolo per generare ancora più introiti, tramite il merchandis­ing, i diritti tv e l’indotto. I 222 milioni per Neymar sul momento hanno stupito anche me, ma se ci ragioni sopra puoi capire che non è solo il capriccio di un emiro. Il brasiliano può proiettare il Psg in una nuova dimensione di popolarità e generare fatturati enormi. In Usa in questo sono dei maestri, gente come Kobe Bryant o LeBron James sono delle vere industrie».

L’estate 2017 ha segnato anche la fine della BBC originale.

«Per questo vedo una Juve più vulnerabil­e rispetto agli altri anni. Io la vedo sempre come la favorita numero uno, ma con meno margine. E questo Napoli è assolutame­nte da scudetto».

Tutto perché è andato via Bonucci?

«Il calcio a volte è fatto di meccanismi complessi. Ricordo Leo quando arrivò a Torino, in questi anni ha fatto dei progressi gigantesch­i. Inoltre parliamo di un leader e un profes-

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sionista scrupoloso. Giocare nella Juve lo ha reso migliore, e lui ha reso migliore la Juve. La società in questi anni ha sempre fatto dei cambiament­i, ma una fortezza come la BBC non era stata toccata e non c’è dubbio che ci sia stata una grave perdita. Anche perché cambiare giocatori dietro non è come farlo in attacco, ci sono dei movimenti e delle situazioni che necessitan­o di tempo per essere perfeziona­te. Il Napoli dovrà essere bravo ad approfitta­re del periodo necessario a oliare nuovamente certi meccanismi».

Rugani può diventare quello che è stato Bonucci?

«Difficile dirlo senza vederlo allenarsi tutti i giorni. I giocatori vanno valutati in partita e nella quotidiani­tà. I giovani di qualità come lui alla Juve devono fare un certo percorso, non si diventa titolari dall’oggi al domani. Alla Juve, appena arrivati, hanno fatto panchina sia Morata che Dybala».

Bentancur però sta bruciando le tappe.

«Allegri in questo è una garanzia assoluta, ha occhio sui giocatori. Non è da lui spendersi così in parole per un giocatore, lo aveva fatto per Pjaca, che purtroppo si è infortunat­o, e proprio per Bentancur. E’ evidente che rispetto a un normale ventenne veda Bentancur molto più pronto».

La certezza è Dybala. Archiviata la breve parentesi Pogba, i tifosi hanno un nuovo 10 di cui innamorars­i.

«E io sono felicissim­o. Il 10 mica era una mia proprietà: prima di me l’ha indossato gente come Robi Baggio, Sivori e Platini. E ora c’è un fuoriclass­e che ha tutto per restare alla Juve a vita, se anche lui lo vorrà. In questo inizio di stagione sta alzando l’asticella sempre più in alto, fa cose entusiasma­nti. Non è solo un discorso di gol, parlo di come è in grado di determinar­e le partite quando si accende. E ha doti morali non comuni. Gli auguro di trovare a Torino quello che ho avuto io, perché nessuno come lui può entrare nel cuore dei tifosi».

Il Napoli secondo tutti gioca il miglior calcio per merito del suo allenatore.

«Sarri è una persona molto interessan­te, ma soprattutt­o è un grandissim­o conoscitor­e di calcio. Basta vedere certi gol per capire che c’è dietro un percorso di anni. In questa stagione i suoi giocatori hanno anche maggiore consapevol­ezza. La struttura societaria è cresciuta di pari passo con quella sul campo. In questo De Laurentiis è stato bravissimo, non dimentichi­amoci che il Napoli era in Serie B con noi».

Durerà fino alla fine?

«Non è mai semplice correre su tre fronti facendo giocare quasi sempre gli stessi giocatori. Alla lunga rischi di perdere in brillantez­za. L’infortunio di Milik non ci voleva, limita ancora di più le rotazioni. Sarri ha creato una macchina quasi perfetta, ma qualche volta dovrà anche improvvisa­re e fidarsi di tutta la sua rosa. E c’è l’eventuale Champions che in Primavera si mangia tante energie».

Di sicuro un attaccante si diverte con lui.

«Oh sì. Sarebbe piaciuto anche a me averlo come allenatore. Magari con la conoscenza del calcio che ho adesso, molto più profonda e matura di quando avevo 20 anni».

Non starà mica pensando di allenare?

«Chissà, magari un giorno...»

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Alessandro Del Piero, al momento apprezzato commentato­re televisivo, è il nuovo testimonia­l scelto dalla Kia per il lancio della «Stonic», il nuovo crossover compatto della casa coreana. Compagno di squadra di Del Piero è Danilo Gallinari, campione di...
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Alessandro Del Piero, 42 anni, ha giocato nella Juve dal 1993 al 2012
 ??  ?? Alessandro Del Piero, 42 anni, ha giocato nella Juve dal 1993 al 2012 vincendo tutto quello che poteva vincere. Poi ha chiuso la carriera nel Sydney, dove ha disputato due stagioni
Alessandro Del Piero, 42 anni, ha giocato nella Juve dal 1993 al 2012 vincendo tutto quello che poteva vincere. Poi ha chiuso la carriera nel Sydney, dove ha disputato due stagioni
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