La Gazzetta dello Sport

«Emma mi aveva chiesto una coppa per regalo»

Vincenzo porta la figlia sul podio: «Ho esaudito il suo desiderio. Il successo 2015 fu più difficile. Ora vorrei Mondiale e Olimpiade»

- Ciro Scognamigl­io INVIATO A COMO twitter @cirogazzet­ta

Sembra quella scena di Rocky dell’allenament­o di corsa che finisce sulla scalinata di un Museo di Philadelph­ia: Sylvester Stallone comincia da solo e si ritrova braccato da tifosi adoranti che si spolmonano ad andargli dietro. Ieri a Vincenzo Nibali è capitata più o meno la stessa cosa: il percorso dalla zona del controllo antidoping al quartier generale del Lombardia non era lunghissim­o, lui l’ha fatto in bici ed è stato letteralme­nte travolto dall’affetto popolare (oltre ad avere incrociato l’ex compagno Alessandro Vanotti), da tifosi che via via si moltiplica­vano nella sua scia. Non che sia una novità, ma ieri è stato davvero speciale, e lo Squalo lo aveva sottolinea­to già in corsa «chiamando» l’esultanza del pubblico al traguardo dopo aver ringraziat­o via radio i d.s. Paolo Slongo e Alberto Volpi in ammiraglia Bahrain-Merida. Straordina­rio Nibali, che trova il tempo di spiazzarti notando all’improvviso quanto siano belle le mura antiche di Como, e invitandot­i a passeggiar­ci come fa lui ogni tanto, tra una consideraz­ione sulla corsa e un pensiero al futuro. La magica normalità di un campione eccezional­e.

Nibali, aveva detto che per rivincere il Lombardia le sarebbe servita la giornata perfetta. Si può dire che sia arrivata? Riesce a paragonare questo successo con quello di due anni fa?

«Sì, perfetta. E stavo meglio del 2015, le sensazioni erano migliori, penso si sia visto. Allora era stato più difficile. Non avevo mai vinto il Lombardia, avevo paura di perderlo. Anche stavolta, però, ho avuto un po’ di paura, perché Pellizotti e Gasparotto non erano in giornata super. Ma mi hanno aiutato comunque, tutti i compagni lo hanno fatto. Sapevo che il Civiglio sarebbe stato il punto chiave, che tutti mi avrebbero controllat­o. Così ho cercato di inventarmi qualcosa».

Ci racconta i momenti decisivi?

«Quando Pinot ha attaccato, sono rimasto calmo. Mi sono sfilato per vedere come stavano gli altri e sono partito. A quel punto ho pensato solo a tirare dritto. Le discese le conoscevo meglio e ho pedalato più sicuro. La cinquantes­ima vittoria in una corsa così… è speciale. Perciò l’ho sottolinea­to all’arrivo. La pinna dello Squalo? (aveva esultato così ad Andorra alla Vuelta; ndr). Stavolta non mi è venuto in mente!»

Sotto al podio, la moglie Rachele. Sul podio, la piccola Emma Vittoria. Ormai sta diventando un’abitudine.

«Da Emma avevo ricevuto un video-messaggio al mattino “Papà, portami la coppa”. Rachele ha compiuto gli anni qualche giorno fa e si era detto che, per la festa, avremmo aspettato dopo il Lombardia. Il successo è per loro, per la squadra, per chi mi sta vicino. Per Michele Scarponi, anche durante la gara ho pensato a quanto mi manca. E questa maglia la porterò sul Ghisallo».

Pur essendo uno specialist­a dei grandi giri, lei ha sempre amato molto le classiche. L’anno prossimo ci punterà di più, per esempio su una Liegi? O su una Sanremo?

«La Sanremo senza la salita delle Manie… non è troppo adatta. La Liegi sì, certo. Sarebbe bello ritrovarsi con Alaphilipp­e e gli altri a giocarsela, tentare di fare qualcosa di importante. Non è facile arrivare al top in quel periodo. L’anno in cui l’ho preparata meglio fu il 2012, quando saltai il Giro per andare al Tour, e mi beffò Iglinskiy. Nel 2018 conto di riprovarci. Amo le sfide in cui mi rimetto in gioco».

Sulla Gazzetta di ieri abbiamo scritto dell’idea di spostare il Lombardia in primavera, dopo la Liegi. Che cosa ne pensa?

«Mah. Io l’ho sempre corso a fine stagione, mi ricordo anche di quando lottavano per la vittoria Bettini, Rebellin, Simoni… Mi sembra un po’ un azzardo. È bello avere un grande obiettivo nell’ultimissim­a parte dell’anno. Altrimenti, dopo l’ultimo grande giro, molti non correrebbe­ro più».

Continua a pensare di avere sempre qualcosa da dimostrare, di essere un po’ sottovalut­ato?

«Se guardo tutta la gente qui in festa per me, di sicuro non sono sottovalut­ato. Poi sì, mi si chiede sempre quel qualcosa in più, ma va bene così. Io cerco di farlo, è uno stimolo. La stagione, con i due podi a Giro e Vuelta, era stata già buona. In questo modo l’ho coronata alla grande».

Tanti giovani le sono arrivati alle spalle, ma lei comincia a sentirsi vecchio a 33 anni?

«No, per niente. Comunque sono 32, li faccio a novembre…».

Nibali, facciamo un gioco. Le diamo la possibilit­à di aggiungere al suo straordina­rio palmares un altro grande giro, una Liegi oppure un successo importante in maglia azzurra. Che cosa sceglie?

«Mondiale (quello di Innsbruck 2018 è fatto per lui; ndr) o Olimpiade. Oppure Mondiale e Olimpiade...»

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