La Gazzetta dello Sport

Carrasco gol, il Belgio ci fa un regalone

Diavoli rossi vincono in Bosnia e mandano l’Italia ai playoff. Dzeko poco concreto, solo 45’ per Mertens

- Davide Stoppini INVIATO A SARAJEVO (BOS) DOMENICA 8 OTTOBRE 2017

La vittoria più logica in una serata che di logico non ha avuto niente, se non il fatto di aver sistemato un po’ di luoghi comuni che ruotano attorno al calcio: la partita del cuore, una squadra che ha nulla da chiedere alla classifica, il campo pesante che penalizza le formazioni più tecniche. E via così, neppure una di queste dicerie si è concretizz­ata. Il Belgio che passa quasi senza sforzarsi, a volte giocando al contrario, per 4-3 in quel di Sarajevo fa un favore grande così all’Italia di Ventura, ora matematica­mente agli spareggi di novembre senza scendere in campo, già che forse è meglio così di questi tempi. I luoghi comuni, invece, non sono serviti a Edin Dzeko e alla sua Bosnia, ora virtualmen­te fuori dal discorso playoff per colpa — anche — di una difesa scriteriat­a.

DZEKO SPRECONE Alla fine ha vinto la squadra tremendame­nte più qualitativ­a dell’altra, in un impianto che strizzava l’occhio alla storia: la zona di Grbavica è stato snodo cruciale della guerra, occupata prima e messa a ferro e fuoco poi dai serbi. Ieri sera lo stadio omonimo era pieno come un uovo, il Belgio pareva ben disposto: eccolo qui il primo luogo comune sfatato, nonostante dopo 4’ i Diavoli Rossi fossero già avanti, con Meunier e Hazard che scherzavan­o sulla fascia Kolasinac e confeziona­vano in coppia lo 0-1. Da quel momento la nazionale di Martinez cominciava a tocchettar­e senza voler infierire, con quell’andatura un po’ barcellone­sca che forse è dovuta al suo c.t. catalano e — che non è un caso — alla fine ha fatto registrare quasi 300 palloni giocati in più degli avversari, un’enormità. La Bosnia, Dzeko a parte, è una banda di operai volenteros­i, con Lulic talvolta regista basso, talvolta un po’ più alto in una sorta di confusiona­rio 41-4-1: pallone dritto e lungo e speranza nelle seconde giocate. La scintilla, mentre il Belgio si guarda allo specchio addormenta­ndosi, comunque arriva al 30’: Dzeko controlla e calcia col sinistro, Courtois non trattiene e Medunjanin pareggia. Grbavica fa festa. E sei minuti dopo, manco a dirlo, con un gol che si vede raramente persino in quinta serie: rinvio del portiere, Vertonghen liscia di testa, nessuna copertura preventiva, Visca tutto solo neppure ci crede e piazza il pallone sotto Courtois. Due a uno, il treno sembra preso e invece deve ancora passare. Non ci sale su Dzeko, che al 43’ non tira solo davanti al portiere avversario. Da queste parti, a dispetto dei numeri, accusano l’attaccante della Roma di giocare un po’ troppo in punta di piedi.

MERTENS FUORI Dzeko non c’è, Mertens neppure appare. Martinez ha resistito alla tentazione di piazzarlo centravant­i: trequartis­ta con Hazard dietro Batshuayi. Ma non è giornata per il 14 del Napoli, che esce nell’intervallo facendo contento Sarri. Eccolo qui, l’unico piccoletto del Belgio che sul campo pesantissi­mo stecca. Al 6’ Vranjes prova a trasformar­si in eroe salvando due volte di fila sulla linea, ma è il segnale che i Diavoli Rossi non sono in gita. Al 14’ Carrasco manda in tilt la difesa bosniaca e spedisce Batshuayi al tap-in. Ribaltone completato al 23’, quando Vertonghen decide che non era il caso di ricordare la presenza numero 96 con il Belgio — record — solo con quel liscio del primo tempo. E così va a chiudere un pallone vagante sul secondo palo: 2-3. Dzeko si dispera. Il 3-3 di Dumic vale un’illusione, perché Carrasco beffa ancora il deserto difensivo della Bosnia. Edin manda a quel paese i suoi compagni. Non c’è più niente da fare. Grbavica resta lo stadio «dove tutto è iniziato», come aveva scritto il romanista sui social. Ma non dove tutto è finito bene.

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REUTERS Michy Batshuayi, 24 anni, festeggiat­o dopo il gol del 2-2
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