La Gazzetta dello Sport

HA SBAGLIATO ADESSO VA AIUTATO

Dopo la deludente prova azzurra con la Macedonia

- social. di LUIGI GARLANDO

A nche grazie a un uomo di Conte, il belga Batshuayi, ieri Ventura ha guadagnato la certezza del playoff. A novembre ci giocheremo il Mondiale in due sfide. Sia chiaro: se fallissimo, i pomodori sarebbero per tutti, non soltanto per il c.t. che in queste ore viene crocifisso nella piazza dei

A nche grazie a un uomo di Conte, il belga Batshuayi, ieri Ventura ha guadagnato la certezza del playoff. A novembre ci giocheremo il Mondiale in due sfide. Sia chiaro: se fallissimo, i pomodori sarebbero per tutti, non soltanto per il c.t. che in queste ore viene crocifisso nella piazza dei social. Ventura ha le sue colpe e non sono poche. Resta vivo il sospetto di un incarico sproporzio­nato alla sua esperienza internazio­nale e a una carriera da ottimo educatore di gioco, ma sempre lontana dal vertice dove si richiede un’abilità di gestione non inferiore a quella tattica. Bravo Ventura a svecchiare la Nazionale, maldestro più volte nella comunicazi­one: dalla temeraria sicurezza con cui ci ha avvicinati alla Spagna («Ce li fumiamo») alle inopportun­e frecciate a Prandelli e Conte. Se il c.t. avesse umilmente rimesso in scena al Bernabeu il copione con cui Conte sdraiò la Spagna a Euro 2016 (densità e lotta), probabilme­nte non ci avrebbero asfaltati. Invece siamo andati a sfidare il centrocamp­o più forte del mondo con due mediani. Quella disfatta traumatica che ci ha tolto certezze e autostima, come spiega Buffon, è all’origine dell’incubo che stiamo vivendo. Più in generale, nell’ostinata ricerca di un proprio modulo (4-2-4), lontano dalle abitudini di club degli azzurri, ha indebolito una mediana incapace perfino di gestire un vantaggio con la Macedonia, più debole di qualsiasi squadra affrontere­mo ai playoff. Le assenze? Conte trascinò ai rigori la Germania mondiale con Giaccherin­i e Sturaro, mica con Xavi e Iniesta. In questo giornale leggete Pirlo che dice: «Venti minuti di video con Conte valevano 3 allenament­i. Sapevamo subito cosa fare in campo». De Rossi diceva di Prandelli: «Ci divertiamo perché abbiamo sempre la palla tra i piedi». I due predecesso­ri

trasmettev­ano gioia e furore, sapevano farsi ascoltare. Ventura? Le facce tristi degli azzurri preoccupan­o quasi più del gioco. Chiellini, dopo la Macedonia, ha confessato: «Ci manca spensierat­ezza e personalit­à». Cioè l’allegria del gioco di Prandelli e la convinzion­e che trasmettev­a Conte con la sua anima di acciaio. Ricordiamo bene il «quadrilate­ro rotante» di Prandelli e le verticaliz­zazioni feroci di Conte. Chi sa dire qual è la vera Italia di Ventura? Dopo il Bernabeu è ancora aperta la comunicazi­one tra c.t. e squadra? Ventura si volta spesso in panchina e sacramenta perché non riconosce in campo le sue idee. Oltre a Chiellini sono andati in tv Buffon e Barzagli: il Comitato di Salute Pubblica; il Senato che gradirebbe qualche emendament­o tattico. Ieri la Croazia ha fatto fuori il c.t. incapace di andare oltre la Finlandia. Una scossa prima della partita chiave con l’Ucraina. Rimosso il parafulmin­e tecnico, ora i vari Modric e Perisic dovranno metterci la faccia più di prima. La nostra Federcalci­o invece, al netto di qualche mal di pancia, ha blindato Ventura. Il parafulmin­e resta sul tetto di Coverciano e attira fulmini da tutte le parti, ma per gli azzurri vale il discorso croato: ora dovranno metterci la faccia e il cuore più di prima. Non può essere solo colpa del c.t. se chi fa il fenomeno nel club sparisce in azzurro. Ventura ha un mese per rialzare il morale della truppa, per darle una forma tattica razionale, per scegliere gli uomini giusti, anche a costo di smentirsi. In un playoff per cuori forti, ad esempio, l’arroganza agonistica di Balotelli può aiutare un ambiente impaurito più del talento timido di Verdi o Inglese. Ma poi i giocatori dovranno aiutare Ventura, sostenerlo, capirlo e dovranno mangiare l’erba nei playoff come se fosse Conte a ordinarlo. Perché fallire il Mondiale non sarà l’Apocalisse, ma di sicuro una sciagura sportiva che ricaschere­bbe dolorosame­nte su tutto il movimento. Non è stata solo la Corea di Mondino Fabbri. Nel ‘66 è stata la Corea di tutti. E, nel caso, di tutti sarebbero i pomodori.

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