Samuel «Che bravo Skriniar» Ronaldinho «Sto con Montella»
Brozovic salta anche il Napoli - Lo sponsor tecnico lascia i rossoneri
Dieci anni fa, per Walter Samuel la parola derby significava inseguire un indemoniato Kakà, infortunarsi, rialzarsi come posseduto e stramazzare solo ad azione finita. Pardon: murata. Era il maggio 2007, «Wally» difendeva un’imbattibilità nelle sfide coi rossoneri che sarebbe durata quasi fino al termine della vita nerazzurra. Oggi, per lui, Inter-Milan è una vetrina piena di ricordi a un’ottantina di km dal posto di lavoro: Lugano. Lì, da vice di Pierluigi Tami, sta posando il primo mattone della nuova carriera da allenatore. «Another brick in the Wall», e non nel senso dei Pink Floyd.
Samuel, chi vince domenica?
«La classifica dice Inter, ma è un derby, per definizione non ci sono favoriti».
È presto per dire che è già una svolta decisiva?
«Decisiva no, ma fondamentale sì. Mentirei se dicessi che è una partita come le altre. La verità è che vale almeno un mese di campionato, in un senso o nell'altro».
Rosario, Buenos Aires, Roma, Madrid, Milano: lei di derby è un professore con un curriculum invidiabile. Come si preparano queste partite?
«Per me era sempre una questione di atteggiamento. Non parlavo molto, lo sapete. Preferivo concentrazione, umiltà, sana cattiveria sportiva. Si può essere leader anche così».
Il suo derby del cuore?
«Quello del 4-0, agosto 2009. Lì facemmo la prestazione perfetta. Indimenticabile. Contro c’era anche Ronaldinho».
Le piace l’Inter di Spalletti?
«Se una squadra fa molti punti, di solito non è una casualità. La verità è che i risultati servono maledettamente, perché danno il tempo di lavorare sulla qualità del gioco con serenità».
Tranquillità che manca nel Milan, oggi.
«È la solita fretta, leggo di Montella già in discussione. Tutti vogliono le vittorie subito, ma quando si cambia tanto non è detto che le cose funzionino all’istante».
Interista e connazionale: Icardi sa reggere questa pressione?
«Se vuol essere un campione, deve imparare in fretta. Lo stesso discorso vale per Dybala. È vero, in questo periodo non è semplice essere un attaccante dell’Argentina. Ma il calcio è questo, non aspetta, devi adattarti alle sue regole».
Più duro un derby di Milano o un match sudamericano di qualificazione al Mondiale?
«Scherza? Di gran lunga un “partido” del Conmebol. Anzitutto, a Milano i tifosi avversari vanno allo stadio insieme, gli episodi di violenza sono rari. E poi, ha idea di cosa significhi giocare a oltre 3000 metri di altitudine, come in Bolivia?».
Per sua fortuna, l’Argentina si gioca il pass per il Mondiale a soli 2850 metri...
«Gran brutta situazione, ma era nell’aria. Non puoi cambiare conduzione tecnica tre volte in poco più di un anno e sperare di cavartela col talento. Ho ancora fiducia, spero che vinceremo la partita in Ecuador, ma la nostra Seleccion non ha ancora una fisionomia definita e rischia grosso. Se ce la fa, però, poi sarà pericolosissima in Russia».
Starà sveglio a vedere la partita?
«Come ho fatto col Perù, certo. Per l’Argentina questo e altro, si soffre volentieri».
A proposito dei convocati di Sampaoli: si aspettava una crescita così impetuosa del Papu Gomez?
«Sinceramente sì, avevo capito che giocatore sarebbe potuto diventare già negli anni in cui era a Catania. Il salto di qualità definitivo l’ha fatto adesso».
E dietro, invece, c’è qualche difensore albiceleste che la convince?
«Sarei tranquillo soltanto se avessimo uno come Barzagli. Lui è il mio difensore ideale: concreto, attento, mai fuori posizione. Peccato che sia una bandiera della Juve e soprattutto che sia arrivato ormai agli ultimi anni da calciatore».
Un nuovo Samuel tra quelli che scenderanno in campo domenica a San Siro, invece, lo intravede?
«Nel Milan mi piace Musacchio, ma se devo scegliere qualcuno che mi somigli prendo Skriniar. Me ne avevano già parlato benissimo alla Sampdoria, deve soltanto continuare la sua crescita senza farsi distrarre da nulla. Mi rivedo in lui: pochi fronzoli, molta sostanza».
Qualità tipiche anche degli svizzeri, senza voler abusare dei luoghi comuni. È per questo che si trova bene lì?
«Ho chiuso la carriera da calciatore a Basilea, in quel periodo ho avuto modo di conoscere molti professionisti di questo movimento, tra cui Tami. Quando il Lugano mi ha chiamato, ho pensato che sarebbe stata una bella opportunità. Ora stiamo soffrendo un po’, ma ci sta».
La nazionale svizzera, invece, va a gonfie vele.
«È un calcio molto sottovalutato. Spero che vada al Mondiale, come l’Argentina. E come l’Italia... anche voi dovete ancora sudare».
L’argentino: «Per diventare campione, Icardi deve imparare presto a reggere la pressione da derby. Chi vince domenica? Questa sfida vale un mese di campionato...»