La Gazzetta dello Sport

LEO NELLA NOTTE PIÙ LUNGA

L’Argentina a 2850 metri rischia il Mondiale. E CR7 non sta molto meglio

- di ALESSANDRO DE CALO’

E’possibile un Mondiale senza Messi e Ronaldo? Davvero dovremo rassegnarc­i a un torneo in Russia senza i due più grandi giocatori in attività e tra i migliori di sempre?

E’possibile un Mondiale senza Leo Messi e Cristiano Ronaldo? Davvero dovremo rassegnarc­i a vedere un torneo in Russia senza i due più grandi giocatori in attività e tra i migliori di sempre? La preoccupaz­ione aumenta mentre sta per scadere il tempo delle qualificaz­ioni. Gli assi di Barça e Real Madrid non sono gli unici big a camminare sull’orlo del vulcano. A un passo dal traguardo, l’Olanda di Arjen Robben dipende da un miracolo: deve vincere con sette gol di scarto per mettere il naso nei ripescaggi. La Colombia di James Rodriguez non può perdere in Perù, altrimenti siamo ai saluti, così come il Cile di Alexis Sanchez e Vidal deve andare a vincere in Brasile per staccare il ticket: bel problema. In Russia – come sappiamo – potrebbe persino non esserci Gigi Buffon, terzo eletto nell’ultimo podio Uefa, assieme alle due divinità del decennio, la Pulce e CR7. Disastro. È probabile che diversi campioni, tra quelli citati, riescano a farcela con un buon dribbling, un colpo di reni o una botta felice davanti all’ultimo ostacolo. Ma qualcuno cadrà, e se il qualcuno dovesse essere Messi o Ronaldo l’eco del boato avrebbe un impatto globale e quasi tombale: segnerebbe la fine di un’epoca.

Da tempo Neymar si sta preparando a raccoglier­e l’eredità di Leo e Cristiano. Il traumatico divorzio dal Barça fa parte del percorso. La Seleçao cambiata e rilanciata da Tite dimostra quanto può essere importante un buon allenatore. Credo che in Russia il Brasile si presenterà tra i candidati al successo (con Germania e Spagna) e il palcosceni­co potrebbe consacrare definitiva­mente il nuovo regno di O Ney. Dietro a lui occhio alle baby stelle, ai Gabriel Jesus, e allargando il tiro ai Mbappé, agli Asensio, ai Goretzka. Siamo vicini a un radicale cambio generazion­ale. Il labirinto delle qualificaz­ioni può funzionare come un enorme accelerato­re. Questa notte comincerem­o a capire. L’Argentina deve andare a vincere ai 2850 metri di Quito, dove è riuscita a battere l’Equador soltanto una volta, nel 2001 con gol di Veron e Crespo. Visto lo 0-0 alla Bombonera col Perù, l’arrampicat­a somiglia a un’impresa quasi impossibil­e. Dopo aver perso tre finali in tre anni e aver cambiato tre tecnici in un anno solo, l’Albicelest­e adesso rischia di schiantars­i. Il disastro deriva dall’inadeguate­zza dei dirigenti di Buenos Aires, da una serie di scelte sciagurate, dall’incapacità di pensare il futuro. Tutte le pressioni ricadono su Messi, chiamato a salvare la patria nella dimensione del futbol e a tenere viva per sé la teorica possibilit­à – a 31 anni, forse l’ultima – di vincere un Mondiale. Ce la farà? Può farcela, se i vecchi compagni sapranno aiutarlo, almeno un po’, come succede ancora adesso nel malconcio Barça.

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di ALESSANDRO DE CALÒ

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