Un tiro, una liberazione «Ci siamo ricompattati Una rivincita per tutti»
L’esterno rivede la luce in fondo al tunnel e rilancia: «Per l’Italia e per noi è una vittoria importante, avanti così»
L’attacco alla porta, questa fatica immane. Per un’ora e un quarto, finché Spinazzola non ha visto vita sul pianeta degli inserimenti azzurri e Candreva, fino a ieri sera il più sostituito dell’attuale gestione tecnica (6 volte), ha dato finalmente un senso al fatto di essere ancora in campo. E ha scelto il suo 7° regalo all’Italia, il 3° personale a Ventura. Ma il paradiso del c.t. – il «famoso» calcio frullato in avanti – anche ieri ha lasciato spazio per un bel po’ a un purgatorio di sofferenze, di espiazione: appena 3 gol nelle ultime 4 partite, erano stati 12 nelle precedenti 4. Un calcio offensivo ancora faticoso, come se fosse proiettato su un video disturbato come quando si spinge un tasto sbagliato del decoder. E dei quattro che avrebbero potuto fare clic sul telecomando, nessuno è sembrato davvero se stesso. Quello che in campionato si era meritato la convocazione.
CIRO NON ERA CIRO Non Immobile, il lavoratore di fiducia del c.t, il sempre presente (quasi, 13 presenze su 14), il suo capocannoniere (6 gol, su 7 segnati in azzurro). L’uomo dei gol quasi solo in partite «vere», come dice la sua striscia con Ventura, in queste qualificazioni. E l’uomo dei gol quasi solo in trasferta: 4 su 6. Quello che sarebbe servito ieri: una firma pesante e lontano da casa. Ma Ciro ha guardato la porta da vicino solo una volta (Berisha gli ha chiuso il palo) e un’altra ha scaricato la rabbia in forza, invece di piazzare il tiro.
LA FATICA DI ED E INSIGNE Non Eder: l’attaccante che non sa non lavorare per la squadra, a volte perfino troppo. L’uomo buono per tutte le occasioni, quando ha occasioni. Ieri tre: una per gli altri, ma sul suo cross il norvegese Moen non ha penalizzato una respinta di Veseli braccio-fianco che era parsa sospetta; le altre per sé, ma ha puntato prima al cielo e poi troppo addosso a Berisha o ai difensori albanesi: rinviando l’appuntamento col suo primo gol pesante per Ventura (non con il Liechtenstein...), come lo furono i 3 per Conte, nel cammino pre-Europeo e poi in Francia. E non Insigne, che solo una volta finora ha fatto esultare il c.t., nonostante la fiducia che si concede alle prime scelte nelle ultime 5 gare di fila. Misero il distillato della sua qualità: un tiro a giro lontano dalle sue traiettorie magiche, uno allargato troppo poco, e praticamente stop.
BLITZ DI RABBIA Non Candreva, avevamo scritto fino al momento di quel blitz rabbioso come il tiro scaraventato sotto la traversa. Anche nell’Inter è intermittente come un faro, ma ieri soprattutto nel primo tempo non sarebbe bastato a illuminare neanche una stanza: scelte sbagliate, cross senza mira, tiri buttati, in un black out senza fine. Poi la luce in fondo a quel tunnel: la luce delle teste di serie. «Dopo la gara con la Macedonia – ha poi detto il nerazzurro – ci siamo presi una rivincita. Le vittorie non sono mai banali, sapevamo che dovevamo ricompattarci e fare qualcosa in più. Per tutto il Paese e per noi è passaggio importante, ora attendiamo il prossimo avversario. Dobbiamo metterci spirito di sacrificio e umiltà, lo spirito italiano, e ascoltare quelli che rappresentano lo zoccolo duro di questa Italia. Ma le cose che ci siamo detti nello spogliatoio, restano fra noi».