La Gazzetta dello Sport

Pure Kakà saluta? «Sento arrivare il tempo dell’addio»

L’annuncio di Pirlo, anche un altro ex Milan potrebbe smettere: «Troppi dolori, non mi piace più»

- Massimo Lopes Pegna CORRISPOND­ENTE DA NEW YORK

Le dichiarazi­oni di Andrea Pirlo, che domenica ha annunciato alla Gazzetta dello Sport di voler chiudere la sua carriera a fine anno, diventano contagiose. Perché poche ore dopo, anche Ricardo Kakà, un altro dei grandi che ha fatto la storia del calcio moderno, dichiara di essere molto vicino a dire basta. La sua rivelazion­e, il 35enne ex campione del mondo con il Brasile del 2002, l’ha affidata ai media brasiliani: «Giocare a calcio non è più un piacere per me, avverto dolore ogni volta che finisco una partita e il mio corpo ne risente terribilme­nte. Alla mia età è davvero dura recuperare dagli acciacchi e sento che sta d arrivando il tempo di smettere». Parole decisament­e simili, anche se meno nette rispetto a quelle del Maestro soltanto pochi giorni fa, anche se l’ex centrocamp­ista rossonero, oggi in forza all’Orlando City, ha tre anni in meno del suo ex compagno al Milan. CHE CARRIERA Il suo percorso finale è stato quasi identico a quello di Pirlo, con l’approdo negli States. Il ragazzo prodigio venuto dal San Paolo aveva firmato con la Mls nel luglio 2014, ma aveva debuttato nella Lega americana nel 2015, stesso anno di Andrea. Un desiderio espresso fin dai tempi in cui viaggiava in tournée negli Usa con la maglia del Real Madrid: «Mi rivedrete qui molto presto», raccontava ogni estate ai cronisti americani che da sempre sognavano di portare nella Mls un top player come lui. Lo avevano convinto garantendo­gli il contratto più ricco nella storia della Lega: tre stagioni a oltre 7 milioni di dollari. Come per Pirlo, il suo impegno qui, a Orlando, scadrà a fine anno. Ma Kakà spiega che le due partite di regular season (dura per lui riuscire a qualificar­si ai playoff) che mancano al termine del campionato potrebbero essere le ultime su un campo di calcio. Anche se rifiuta di pronunciar­e con nettezza la parola «ritiro», dice: «Mi piacerebbe prendermi un anno di pausa in cui riflettere su che cosa fare». Non esclude che potremmo rivederlo un giorno seduto su una panchina: «Vorrei fare come Zidane. Si è preso del tempo per pensare, ha visto che gli piaceva allenare, ha cominciato a lavorare nel settore giovanile del Real Madrid per poi arrivare alla prima squadra».

AMBASCIATO­RE DEL SOCCER

Nella sua prima permanenza al Milan, da giovanissi­mo (dal 2003 al 2009, poi ci tornerà per una stagione nel 2013), ha vinto uno scudetto e una Champions, quella del 200607, conquistat­a a suon di gol (fu il capocannon­iere di quell’edizione) aggiudican­dosi poi il Pallone d’Oro e il trofeo del miglior giocatore Fifa. Poi dopo il Real Madrid e il ritorno in Italia nella «sua» Milano, aveva fatto una scelta di vita più che di pallone, arrivando negli Stati Uniti. Ma si era posto pure la missione di aiutare il soccer a raggiunger­e maggior popolarità. In questi tre anni ha segnato 24 gol in Mls, ma soprattutt­o negli ultimi due campionati ha accumulato un alto numero di assenze, a causa dei guai muscolari a cui ha accennato nel suo messaggio di addio. Già, perché se anche non c’è scritta la parola fine in forma ufficiale, il suo ha tutta l’aria di essere un testamento definitivo.

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