«Bahrain-Merida da 7 Che gioia Nibali a Bormio»
Team manager Copeland fa il bilancio della prima stagione: «Poche 11 vittorie? Non conta il numero, ma il peso. E se penso agli infortuni...»
Le stagioni del ciclismo sono a ciclo continuo: il 2017 agonistico è finito (anzi no, visti gli appuntamenti World Tour di questa settimana in Turchia e della prossima in Cina) ma in pratica tutte le squadre di prima fascia sono già al lavoro in proiezione 2018. Come la Bahrain-Merida, che ancora fresca dell’impresa al Lombardia del simbolo Vincenzo Nibali ha convocato staff e alcuni corridori all’albergo Calinferno di Cimetta di Codogné per programmare il futuro. C’erano, tra gli altri, i confermati Franco Pellizotti e Sonny Colbrelli (che poi hanno visitato la latteria Soligo, sponsor del team), Ion Izagirre e i nuovi Domenico Pozzovivo e Mark Padun. Il primo ritiro del team voluto dal principe Nasser bin Hamad Al Khalifa sarà sull’isola di Hvar (Croazia) dal 7 al 19 dicembre, ma intanto c’è l’occasione col team manager Brent Copeland di fare il punto su ciò che è stato e che sarà.
Copeland, era la prima stagione della Bahrain-Merida. Un anno fa, di questi tempi, a che punto si era?
«Non avevamo neppure le viti per i meccanici. Il magazzino era sottosopra, i mezzi dovevano arrivare dalla Svizzera (dall’ex Iam, ndr) con grandi problemi burocratici».
Che voto dà a quanto fatto?
«Otto, per organizzazione e immagine. Per risultati, 7».
Pesa essere l’ultimo team World Tour per numero di vittorie, 11?
«Per niente. I successi non vanno solo contati. Quanti team al primo anno sono saliti sul podio di Giro e Vuelta? E centrato il Lombardia? Rispetto a vincere 30 gare di minore importanza, poi, non c’è paragone».
Bahrain-Merida significa Nibali. Era la prima volta che lavoravate assieme. Cosa l’ha colpita?
«L’incredibile sicurezza. Ha dovuto sopportare un peso supplementare: specie all’inizio lui rappresentava la certezza che la squadra nascesse. Una grande responsabilità. Ma è stato sempre sereno, scherzoso, sorridente, mai in difficoltà».
La squadra non è stata troppo dipendente dai suoi risultati?
«Non si possono dimenticare i diversi infortuni. Hanno colpito uomini importanti. Haussler, che abbiamo preso per ‘coprire’ la prima parte delle classiche in Belgio. Ion Izagirre era l’uomo del Tour: ritirato per caduta alla prima tappa. Siutsou si è rotto l’osso femorale, Navardauskas ha avuto guai cardiaci».
Altra obiezione: Nibali a novembre compirà 33 anni, il suo miglior gregario in salita è stato Pellizotti, classe ‘78. Ed è arrivato per il 2018 Pozzovivo, 35 anni. L’età media non è troppo alta?
«Essendo un team nuovo, s’è dovuto per forza puntare su diversi uomini d’esperienza perché facessero da guida ai pochi giovani. E per attrarre i corridori abbiamo dovuto offrire contratti biennali, quindi verso il 2018 non avevamo troppi posti liberi da coprire. Comunque lo spagnolo Cortina è del ‘95 ed è un talento; l’ucraino Padun, 21 anni, pure. In futuro ringiovaniremo ancora».
Scelga il momento top e il momento peggiore dell’anno.
«Il migliore: la vittoria al Giro di Nibali a Bormio: tappa splendida. Il peggiore: l’infortunio che ci ha tolto Haussler per il Nord».
Non crede che l’altro team a capitali arabi, la Uae-Emirates, si sia rinforzato di più? Daniel Martin, Kristoff, Aru solo da annunciare…
«È una bella rivalità, fa bene al mercato. Se in quella parte del mondo sono orgogliosi del team, si crea rivalità positiva per cercare di fare meglio dell’altro. Sono forti, sì. E noi potremo spingere per avere un budget diverso, e trovare in futuro soprattutto un uomo per la prima parte del Belgio».
Il Giro 2018 parte da Israele. Sono in vista possibili tensioni politiche?
«No, ci siamo informati con il Bahrain. Andremo tranquillamente e non vediamo l’ora che cominci. Il sostegno del principe Nasser è formidabile. Ha passione, si sente con Nibali (lo Squalo nel 2018 dovrebbe debuttare a gennaio alla Vuelta San Juan in Argentina, ndr) e chiede consigli sulle ruote per la bici da triathlon… È orgoglioso di noi, dell’immagine che portiamo nel mondo del Bahrain dove l’interesse per la bici sta crescendo. Il progetto della squadra per ora è fino al 2019, ma ci hanno dato segnali sul fatto che vogliono continuare per parecchi anni ancora. Abbiamo iniziato bene, ma possiamo e vogliamo crescere».
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