Primo sì al Rosatellum Ma sarà più sofferto il cammino al Senato?
La legge elettorale supera il voto segreto alla Camera Una sessantina i franchi tiratori. Fuori le proteste M5S
Che cosa potrà mai significare il piede finto con cui Beppe Grillo s’è presentato ieri all’hotel Forum di Roma, rifiutandosi di rispondere alle domande dell’unica giornalista presente e chiedendo anzi alla conciergerie: «In questo albergo avete portapiedi?». Ecco il mistero intorno a cui si scervelleranno oggi i giornalisti.
1 Lei scherza. Il piede simboleggerà il calcio in quel posto con cui i grillini s’immaginano di liquidare, prima o poi, il Rosatellum. Ieri, intanto, hanno protestato davanti a Montecitorio. I dubbi riguarderanno piuttosto i 66 deputati che, mancando in aula o profittando del segreto dell’urna per votare no, hanno segnalato i vari mal di pancia con cui viene accolta la nuova legge elettorale. Piuttosto: al Senato sarà più complicato? Il Rosatellum, dopo l’approun
vazione della norma cosiddetta «Salva-Verdini», è passato con il voto di fiducia, 375 a 215. Come si sapeva, hanno favorito l’approvazione della legge - oltre ai dem - gli alfaniani, i verdiniani e soprattutto Forza Italia e la Lega. Lo schieramento dei sì potrebbe preludere a quello che accadrà dopo il voto, quando, nessuno avendo da solo una maggioranza sufficiente, sarà inevitabile la costruzione di un asse tra il partito di Berlusconi e il partito di Renzi. Con la Lega che, magari, preferirà restarsene fuori, specie se Berlusconi, Renzi e le altre frattaglie varie che ruotano intorno al centro, avranno abbastanza voti.
2 Non è assurdo che alla Camera, dove lo schieramento favorevole ha una maggioranza enorme, si sia ritenuto di far passare la legge con il voto di fiducia? È il discorso che ha fatto D’Alema ieri, parlando a Palermo dov’era andato a sostenere
la candidatura a governatore della Sicilia di Claudio Fava. «Quando una maggioranza di 476 persone ha paura del voto segreto vuole dire che è consapevole del fatto che sta facendo una schifezza». D’Alema ha ricordato i precedenti storici: col voto di fiducia fu votata la legge Acerbo, cioè il sistema elettorale voluto da Mussolini, e passò anche la legge truffa di De Gasperi (1953), «una fiducia però necessaria, perché il Pci faceva un ostruzionismo fortissimo». Mentre ieri alla Camera nessun ostruzionismo è stato possibile, la maggioranza dei favorevoli essendo troppo schiacciante. 3 Non è giusto quello che ha detto Di Maio, cioè che questa legge rappresenta un vulnus per la democrazia? Mah. Non so cosa dirà la Consulta quando sarà investita del problema. L’argomento che, grazie al Rosatellum, avremo parlamento di nominati si scontra con la realtà storica di quello che è successo in questo dopoguerra con qualunque sistema elettorale (abbiamo avuto tre sistemi elettorali nel dopoguerra e dodici a partire dall’unità). È stato molto raro il caso di eletti che non fossero stati scelti dal partito: la costruzione delle liste e la collocazione dei candidati era un’arte per dalle segreterie. Ricaschiamo cioè nel problema delle preferenze, già abolito dagli italiani con il famoso referendum del 1991 e che ora rispunta a ogni piè sospinto come un salvavita della democrazia. Il problema, casomai, non è questo.
4 E qual è allora?
Quello che ha indicato nel suo editoriale di ieri sul Corriere della Sera Sabino Cassese: «Il mondo politico, in questi giorni, si chiede “con chi” si fa la nuova legge elettorale. C’è chi si scandalizza che raccolga i consensi del Partito Democratico, di Alternativa Popolare, di Forza Italia e della Lega. C’è, invece, da porsi una domanda più importante: questa legge elettorale sarà risolutiva? È una scelta fatta per durare, oppure dovremo ricominciare da capo?». Vale a dire: non sarà che, dopo aver approvato il tredicesimo sistema elettorale dall’unità a oggi, nella prossima legislatura ci troveremo punto e da capo, con la necessità di vararne un quattordicesimo? Perché negli altri Paesi i sistemi elettorali durano in genere da decenni o da secoli e nessuno pensa di modificarli. Cassese consiglia di andarci piano con i giudizi sul Rosatellum e di «assaggiare il budino» prima di decidere se è buono o indigesto. 5 Perché la norma che consente agli italiani che risiedono in Italia di candidarsi all’estero è chiamata «salva-Verdini»? A quanto pare il senatore Verdini ha intenzione, per le prossime elezioni, di candidarsi in Sudamerica. La legge precedente impediva agli italiani residenti in Italia di candidarsi all’estero. Adesso, invece... Verdini avrebbe fondato per questo il Movimento Associativo Italiani all’Estero (Maie) e, secondo quanto scrive Il Fatto Quotidiano,i viaggi della Boschi in Argentina sarebbero serviti anche per fargli propaganda. In Italia probabilmente Verdini avrebbe difficoltà a spuntarla. Mentre in una circoscrizione estera basterebbero ventimila voti. Da raccogliere in un intero continente.