WEAH FOR PRESIDENT MA IN LIBERIA È CAOS
Paolo Maldini e Marcel Desailly, come quando erano in campo, hanno giocato d’anticipo, magari rischiando un po’, e hanno annunciato sui social l’elezione di George Weah a presidente della Liberia. «Sono sicuro che l’uomo umile e generoso che ho incontrato vent’anni fa sarà il leader perfetto per il suo popolo» ha scritto Maldini. «Congratulazioni a Mr Le Président George Weah. Lavora duro per fare la differenza per la tua gente» ha aggiunto Desailly. Il problema è che non sono ancora stati resi noti i risultati, bisognerà attendere fino al 24 ottobre quando saranno terminati i lavori di scrutinio. Definire prematura l’incoronazione di Weah è il minimo, anche perché la situazione politica a Monrovia e dintorni non è limpidissima. E’ vero che non ci sono stati scontri armati durante la campagna elettorale, ma non va dimenticato che la Liberia è un Paese che, lentamente, sta uscendo dal periodo più buio della sua storia. La guerra civile, che dal 1989 al 2003, in due fasi, ha provocato duecentocinquantamila morti è troppo vicina per poter gridare alla normalità.
TATTICA A queste elezioni Weah si è presentato da favorito. In altre due occasioni, nel 2005 e nel 2011, aveva fallito. Questa volta sembra in vantaggio, anche se il comitato elettorale non si pronuncia. Di certo non gli manca il sostegno dei suoi ex compagni di squadra, con i quali è sempre rimasto in contatto. Per la Liberia, da quando ha smesso di giocare (e anche prima, durante la carriera), si è sempre speso tantissimo: iniziative umanitarie, beneficenza, apertura di scuole. Lo hanno profondamente criticato per la sua vicinanza alla famiglia Taylor, e in particolare a Charles Taylor, il signore della guerra condannato per crimini contro l’umanità. Questa amicizia piuttosto compromettente sarebbe testimoniato dalla presenza nella sua lista dell’ex moglie di Taylor, candidata alla vicepresidenza. Weah non ha mai risposto alle accuse e ha proseguito dritto per la sua strada, esattamente come faceva quando era in campo. Ricordate il famoso coast-to-coast in Milan-Verona dell’8 settembre 1996, quando arrivò a segnare un gol meraviglioso partendo dalla sua area? Ecco, anche in politica Weah vuole giocare così: partire in progressione e saltare gli avversari come birilli, senza curarsi di ciò che pensano o dicono. Il suo obiettivo è ridurre l’analfabetismo (il 50 per cento della
popolazione non sa né leggere né scrivere) e aumentare il reddito pro-capito che oggi è fermo a due dollari giornalieri. Tuttavia va aggiunto che da quando è senatore, cioè dal 2014, al Parlamento di Monrovia non sono arrivate leggi o proposte a firma di Weah. I giovani lo amano, e ciò è dovuto alla sua grande popolarità. Chi è stanco della vecchia politica e della dilagante corruzione che da sempre affligge la Liberia sembra abbia indirizzato il suo voto verso l’ex centravanti.
LEZIONI A seguire le vicende elettorali in quell’angolo dell’Africa occidentale c’è anche un altro ex milanista che, da politico, sta facendo carriera: si tratta di Kakha Kaladze che, dopo aver chiuso con il calcio, è tornato nella sua Georgia e, da ministro dell’Energia e delle Risorse Naturali, sta cercando di far ripartire l’economia del suo Paese. Tutt’e due, Weah e Kaladze, anche se non lo dicono apertamente, hanno avuto un professore di politica che, tra un consiglio di tattica e l’altro, teneva lezioni nella sala del camino di Milanello: Silvio Berlusconi.
Maldini e Desailly hanno giocato d’anticipo e si sono complimentati con l’ex compagno sui social. Ma la partita è ancora lunga. E la tensione è alta a Monrovia e dintorni