La Gazzetta dello Sport

Prima un sogno poi un incubo Ciro, la Juve non è più tabù

- Stefano Cieri INVIATO A FORMELLO (ROMA)

C’era un ragazzo che amava la Juve e soprattutt­o il suo simbolo, Del Piero. C’era un ragazzo che sognava di fare il calciatore e che avrebbe desiderato farlo con la stessa maglia del suo idolo di bambino. Quel ragazzo, ancora adolescent­e, toccò il cielo con un dito. Perché da Torre Annunziata, dove cresceva a pane e pallone, Ciro Immobile si trasferì a Torino per far parte del settore giovanile della «sua» Juve. A pochi passi dal totem Del Piero. A pochi passi dal sogno più grande che potesse fare. Ma poi, arrivato al dunque, il sogno non si avverò. Nonostante un paio di «Viareggio» conquistat­i da protagonis­ta, nonostante due titoli di capocannon­iere vinti (in B col Pescara e in A col Toro). La Juve, la «sua» Juve non se l’è mai sentita di puntare su di lui. E così da quando il cordone ombelicale fu definitiva­mente tagliato (con la cessione al Dortmund) quel sogno chiamato Juve è diventato «solo» un avversario.

CHE NUMERI Ciro Immobile oggi non è più quel ragazzo che guardava alla Juve come un desiderio troppo grande per essere vero. È diventato uomo, padre di due splendide bimbe, nel pieno della maturità di calciatore. Che si è scrollato di dosso l’etichetta di «scarto» della Juve per diventare un attaccante di livello internazio­nale. Grazie alla Lazio che lo ha accolto e rilanciato dopo gli esìli di Dortmund e Siviglia. E finalmente ora può guardare dritto negli occhi quella squadra che per lui è stata prima mamma e poi

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