Non c’è più Ibra ma i pericoli sono cuore e Forsberg
Gialloblù, imbattuti alla Friends Arena dal 2015, puntano sul talento del centrocampista del Lipsia
Non è più la Svezia di Ibra. Non lo è da quasi un anno e mezzo, quando l’attuale centravanti del Manchester United — al termine di un Europeo deludente — annunciò il ritiro dalla Nazionale. Meglio per noi, ma occhio: senza il suo faro, la Svezia ha cambiato faccia; la squadra timida, quasi impaurita, che affrontammo a Tolosa nel giugno 2016 (1-0, Eder nel finale), ha lasciato spazio a un gruppo coeso, determinato, capace di conquistare il secondo posto in un girone di qualificazione molto competitivo. Non male, se pensiamo che il parco giocatori è quasi lo stesso di Euro 2016, con una superstar come Zlatan (e i suoi 62 gol) in meno. L’assenza di punti di riferimento è uno dei punti di forza della truppa di Andersson: l’ex allenatore del Norrköping, subentrato in punta di piedi ad Hamrén — mai troppo amato da pubblico e critica — non ha stravolto la squadra da un punto di vista tattico, affidandosi al 4-4-2. La svolta l’ha operata sulla testa dei giocatori che, liberati dall’ingombrante presenza di Ibrahimovic, appaiono più sciolti e consapevoli dei propri mezzi. L’approccio al doppio confronto con la Francia ne è l’esempio: in entrambe le sfide, la Svezia, pur concedendo all’avversario il possesso palla, non ha mai dato l’impressione di soffrire troppo il blasone dei transalpini, affrontandoli a viso aperto ma senza sbilanciarsi. Lecito aspettarsi un atteggiamento simile contro gli azzurri, soprattutto nella gara di andata alla Friends Arena, dove la Svezia non perde dal settembre 2015 (1-4 con l’Austria).
ATTACCO RIDOTTO Il bilancio gialloblù nelle qualificazioni parla di 6 vittorie, 1 pareggio e 3 sconfitte, l’ultima delle quali giunta a pass già quasi ottenuto grazie alla differenza favorevole nei confronti dell’Olanda. Il passaggio a vuoto più preoccupante