«STOP AL MASSACRO» L’IMPEGNO È GLOBALE
Quando il direttore del Tour, Christian Prudhomme, dice: «Stop al massacro, siamo tutti responsabili», capisci che la lotta per la sicurezza di tutti i ciclisti, anche di chi sale in sella ogni giorno per una passeggiata, sta facendo un salto di qualità decisivo. In apertura di presentazione, davanti a tutto il mondo, il primo corridore che cita non è Froome, ma Michele Scarponi. E quindi capisci che il nostro impegno, quello che abbiamo fatto fino adesso, non basta più. Che è stato troppo poco. Ormai tutti conosciamo quella figura triangolare su fondo giallo, e quel numero 1,5, che indica i metri tra un’auto in sorpasso e un ciclista. Un monito, un avvertimento, un simbolo di comportamento che deve entrare in ogni aula scolastica, se vogliamo che questa e le prossime generazioni crescano nel segno del rispetto totale di chi sceglie di muoversi a pedali. L’Italia è scattata in anticipo, dall’Accpi (l’associazione professionisti) ai parlamentari con quel decreto Salvaciclisti presentato e poi ritirato in Commissione trasporti. Il metro e mezzo non può entrare nel Codice della Strada, come ci ha detto il prefetto Roberto Sgalla al convegno di Ravenna sulla collaborazione Polstrada-federciclismo, perché gli uffici legislativi del Ministero boccerebbero la norma: le infrastrutture (leggi strade) non sono nella condizione di poter rispettare questo obbligo. Se ne riparlerà nella prossima legislatura. Ma intanto quel metro e mezzo deve entrare nella coscienza di tutti. Perché, come dice Prudhomme, «ognuno di noi deve essere ambasciatore della sicurezza».