La Gazzetta dello Sport

Clapcich, l’oceano è donna

Al via su Turn the Tide on Plastic: «La mentalità è cambiata: siamo tutti velisti»

- Gian Luca Pasini

Turn the Tide on Plastic è un equipaggio (misto, guidato dalla skipper britannica Dee Caffari) che porta alla Volvo Race un messaggio di rispetto dell’ambiente. A bordo anche Francesca Clapcich, classe 1988, triestina, una lunga carriera olimpica, culminata a Rio 2016 con Giulia Conti.

Quello della Volvo Race era un suo sogno da ragazzina?

«E’ sempre stato un sogno che pensavo fosse irraggiung­ibile: perché per una donna era quasi impossibil­e fare il Giro del Mondo. Ne leggevo sulle riviste, ma non pensavo l’avrei mai fatto. Paradossal­mente era più facile fare l’Olimpiade, ma forse sta cambiando un po’ la mentalità e poi aver messo nuove regole per favorire l’ingaggio delle donne ha cambiato un po’ le cose».

Come se l’aspetta?

«Una bella avventura. Nel senso che tutta la esperienza che ho sommato nella vela è stata nelle regate vicino a terra e quasi tutta fatta sulle derive. La vela offshore è un po’ un mistero (ride)».

Quando l’hanno chiamata cosa ha pensato?

«Sono rimasta abbastanza stupita. E’ stato un onore, ma ci ho dovuto pensare un po’ perché è un’esperienza impegnativ­a. All’inizio c’era anche il sogno di riuscire a mettere assieme un equipaggio italiano, poi purtroppo non è andata. Quindi ho fatto un trial con Dee Caffari ed evidenteme­nte è rimasta soddisfatt­a. perché mi ha chiesto di restare».

Qualcosa la intimorisc­e?

«Quello che spaventa e allo stesso tempo mi attira tantissimo è la tappa dell’Oceano del Sud: che sarà certamente una delle più dure, per le condizioni, il freddo, le onde. Un mix di emozioni, ma anche un po’ di timore».

Farà tutte le tappe?

«Probabilme­nte non farò la Città del Capo-Melbourne, ma farò tutte le altre quindi sarà abbastanza impegnativ­o».

Questa convivenza uomini-donne in un ambiente così ristretto come la vede?

«Ci sono delle differenze, ma in barca siamo prima di tutto velisti, lavoriamo tutti per lo stesso obiettivo. La distinzion­e non c’è, perché come ho detto sta cambiando la mentalità. Non ci vedono più come il sesso debole, ma come velisti, con esperienza e con qualcosa da dare all’equipaggio».

Che cosa ha convinto Caffari a ingaggiarl­a?

«Penso la forza fisica, perché queste barche sono molto impegnativ­e. Poi penso che lei sia stata brava a creare un mix di esperienze, con persone molto diverse una dall’altra. E’ riuscita a coprire tutte le aree di competenza».

In queste barche si parla spesso della scomodità.

«Sulla scomodità non ci sono dubbi: è un guscio di carbonio, senza doccia, quasi senza bagno. Mangeremo cibi liofilizza­ti. E penso che queste difficoltà si faranno sentire molto nelle tappe lunghe: quando si starà in mare 2-3 settimane. Ma questo fa parte della sfida che ognuno di noi deve affrontare. Quindi difficoltà che si sommano: fare andare veloce la barca, ma anche gestirsi».

Paura?

«No, c’è consapevol­ezza che può succedere qualcosa di brutto. Ma siamo preparati: abbiamo fatto corsi di sopravvive­nza, corsi di medicina di base. C’è la consapevol­ezza che in alcuni momenti saremo davvero in mezzo al nulla».

Che cosa le mancherà?

«Una doccia calda tutti i giorni, al resto ci si abitua. Non vediamo l’ora che sia domenica...».

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Francesca Clapcich, 29 anni, specialist­a nelle classi olimpiche

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