La Gazzetta dello Sport

Nizza con Mario, poi dilaga Milinkovic

- Andrea Elefante INVIATO A NIZZA (FRANCIA)

Mezzora di vera Lazio, ma basta e quasi avanza. Per ritrovare il suo calcio leggero ma indigesto per chi la affronta, smascherar­e i limiti del Nizza lavorandol­o ai fianchi, tornare in media gol (mai meno di due in 10 delle 12 partite stagionali). E ovviamente, con la terza vittoria su tre, per ipotecare il passaggio del turno. Mezzora di vera Lazio, ovvero la solita. Guai invitarla a casa, quest’anno: sei blitz su sei, in trasferta sa solo vincere. Guai mandarla sotto: riemerge sempre, la rimonta è diventata il suo karma.

TURNOVER NECESSARIO Era una specie di prova verità del girone: il Nizza teoricamen­te è più forte di Vitesse e Zulte Waregem, che pure avevano scoperchia­to qualche magagna nel pentolone europeo della Lazio, anche ieri a bollore irregolare per un’oretta. Inzaghi aveva scelto un turnover necessario, dovendosi tarare sulla frequenza del ritmo-partite (7 in 23 giorni) e la relativa possibilit­à di pesca dal mazzo. Una sfida a limiti di scelta che sono evidenti: vincerla significa aver dato alla squadra codici che in parte prescindon­o dalle qualità dei singoli, ma nel primo tempo l’impression­e a tratti è stata di incompiute­zza, rendendo inevitabil­e la tentazione di fare confronti con la Lazio titolare.

POSSESSO PALLA La partita era deflagrata subito, ma più che altro per disattenzi­oni ed errori individual­i: Luis Felipe bypassato da un cross di Sneijder che Balotelli ha morso con un colpo di testa in controtemp­o; Dante e Cardinale impegnati in un ciapanò quando Caicedo si è insinuato su un ponte aereo di Milinkovic. A quel punto, rimessa subito in piedi la partita, la Lazio si è posizionat­a in «versione intermitte­nza». A tratti, quando il suo pressing è salito alto secondo abitudine, il Nizza ha lasciato intraveder­e timori e scompensi non risolti. Nati anche da due sconfitte di fila sul gobbone, un 14° posto in classifica inquietant­e, le assenze di Seri e SaintMaxim­in (lasciati a casa) e Plea (in panchina). La sensazione era netta: andava attaccato di più. E invece la Lazio aspettava: compassata e troppo poco verticale rispetto alla sua indole, al di là di un possesso palla stralascia­to ai francesi anche per scelta (addirittur­a 70-30% alla fine del primo tempo). Orfana di ingranaggi ormai fondamenta­li: Lucas Leiva e Luis Alberto, ancor più che di Immobile, ma soprattutt­o Milinkovic. In loro assenza il serbo era il deputato a dare certezze e invece per almeno 45’ ha caracollat­o anonimo.

WES-MARIO Così il 3-5-1-1 con cui Favre aveva scelto di specchiars­i nella Lazio non è sembrato una novità tattica troppo estemporan­ea. Il Nizza per un po’ ha cercato di sfondare a destra sull’asse MarlonBurn­er, poi ha messo in difficoltà la Lazio con le sue stesse armi: centrocamp­o folto e tagli degli interni dettati dai movimenti di Sneijder. Che si è sforzato di spolverare l’intesa in salsa Triplete interista con Balotelli e per un tempo, al di là del gol, i risultati non sono stati malvagi. L’olandese, staccandos­i spesso dalle zolle più vicine all’attaccante, ha tentato di creare spazi risucchian­do fuori la difesa della Lazio; Mario, cercato spesso non solo da lui, ha provato a trovare il varco per infilarcis­i. Per un’ora è sembrato un attaccante in fiducia, molto concentrat­o sulla porta, anche essenziale al di là di qualche indugio nel colpo ad effetto; poi, forse sfiduciato dallo smarriment­o della squadra, è calato pure lui, ha perso potenza e serenità nelle scelte, sconfinate in un inutile tirassegno alla porta di Strakosha.

KILLER L’albanese, all’alba della ripresa, gli aveva anche spalancato la porta pasticcian­do con Luis Felipe, ma su quell’ennesimo suggerimen­to di Sneijder si è un po’ spenta la luce già discontinu­a del Nizza. E a quel punto Inzaghi è stato bravo a leggere il momento, per ridisegnar­e la Lazio killer con Immobile, Luis Alberto e poi Leiva. E prima di tornare alla tradizione con una sola punta di ruolo, ha raschiato il meglio da Caicedo in versione uomo assist. Lancio in profondità (di Radu), inseriment­o dell’ecuadorian­o, invito indietro per un rimorchio (Milinkovic): un classico della Lazio. Che a quel punto si è divertita a fare la padrona: come Milinkovic sul corner del gol-tranquilli­tà.

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