Nizza con Mario, poi dilaga Milinkovic
Mezzora di vera Lazio, ma basta e quasi avanza. Per ritrovare il suo calcio leggero ma indigesto per chi la affronta, smascherare i limiti del Nizza lavorandolo ai fianchi, tornare in media gol (mai meno di due in 10 delle 12 partite stagionali). E ovviamente, con la terza vittoria su tre, per ipotecare il passaggio del turno. Mezzora di vera Lazio, ovvero la solita. Guai invitarla a casa, quest’anno: sei blitz su sei, in trasferta sa solo vincere. Guai mandarla sotto: riemerge sempre, la rimonta è diventata il suo karma.
TURNOVER NECESSARIO Era una specie di prova verità del girone: il Nizza teoricamente è più forte di Vitesse e Zulte Waregem, che pure avevano scoperchiato qualche magagna nel pentolone europeo della Lazio, anche ieri a bollore irregolare per un’oretta. Inzaghi aveva scelto un turnover necessario, dovendosi tarare sulla frequenza del ritmo-partite (7 in 23 giorni) e la relativa possibilità di pesca dal mazzo. Una sfida a limiti di scelta che sono evidenti: vincerla significa aver dato alla squadra codici che in parte prescindono dalle qualità dei singoli, ma nel primo tempo l’impressione a tratti è stata di incompiutezza, rendendo inevitabile la tentazione di fare confronti con la Lazio titolare.
POSSESSO PALLA La partita era deflagrata subito, ma più che altro per disattenzioni ed errori individuali: Luis Felipe bypassato da un cross di Sneijder che Balotelli ha morso con un colpo di testa in controtempo; Dante e Cardinale impegnati in un ciapanò quando Caicedo si è insinuato su un ponte aereo di Milinkovic. A quel punto, rimessa subito in piedi la partita, la Lazio si è posizionata in «versione intermittenza». A tratti, quando il suo pressing è salito alto secondo abitudine, il Nizza ha lasciato intravedere timori e scompensi non risolti. Nati anche da due sconfitte di fila sul gobbone, un 14° posto in classifica inquietante, le assenze di Seri e SaintMaximin (lasciati a casa) e Plea (in panchina). La sensazione era netta: andava attaccato di più. E invece la Lazio aspettava: compassata e troppo poco verticale rispetto alla sua indole, al di là di un possesso palla stralasciato ai francesi anche per scelta (addirittura 70-30% alla fine del primo tempo). Orfana di ingranaggi ormai fondamentali: Lucas Leiva e Luis Alberto, ancor più che di Immobile, ma soprattutto Milinkovic. In loro assenza il serbo era il deputato a dare certezze e invece per almeno 45’ ha caracollato anonimo.
WES-MARIO Così il 3-5-1-1 con cui Favre aveva scelto di specchiarsi nella Lazio non è sembrato una novità tattica troppo estemporanea. Il Nizza per un po’ ha cercato di sfondare a destra sull’asse MarlonBurner, poi ha messo in difficoltà la Lazio con le sue stesse armi: centrocampo folto e tagli degli interni dettati dai movimenti di Sneijder. Che si è sforzato di spolverare l’intesa in salsa Triplete interista con Balotelli e per un tempo, al di là del gol, i risultati non sono stati malvagi. L’olandese, staccandosi spesso dalle zolle più vicine all’attaccante, ha tentato di creare spazi risucchiando fuori la difesa della Lazio; Mario, cercato spesso non solo da lui, ha provato a trovare il varco per infilarcisi. Per un’ora è sembrato un attaccante in fiducia, molto concentrato sulla porta, anche essenziale al di là di qualche indugio nel colpo ad effetto; poi, forse sfiduciato dallo smarrimento della squadra, è calato pure lui, ha perso potenza e serenità nelle scelte, sconfinate in un inutile tirassegno alla porta di Strakosha.
KILLER L’albanese, all’alba della ripresa, gli aveva anche spalancato la porta pasticciando con Luis Felipe, ma su quell’ennesimo suggerimento di Sneijder si è un po’ spenta la luce già discontinua del Nizza. E a quel punto Inzaghi è stato bravo a leggere il momento, per ridisegnare la Lazio killer con Immobile, Luis Alberto e poi Leiva. E prima di tornare alla tradizione con una sola punta di ruolo, ha raschiato il meglio da Caicedo in versione uomo assist. Lancio in profondità (di Radu), inserimento dell’ecuadoriano, invito indietro per un rimorchio (Milinkovic): un classico della Lazio. Che a quel punto si è divertita a fare la padrona: come Milinkovic sul corner del gol-tranquillità.