Isis, minacce a Messi e ai Mondiali 2018
Stato islamico «imprigiona» Messi e gli fa piangere lacrime di sangue Il torneo russo nel mirino del terrorismo
Lionel Messi imprigionato dietro alle sbarre con un occhio tumefatto e grondante sangue. È l’inquietante fotomontaggio diffuso su internet dall’Isis per minacciare il mondo del calcio e in particolare i Mondiali di Russia 2018. L’immagine — pubblicata dalla Wafa Media Foundation, uno dei principali organi di propaganda del terrorismo islamico — ritrae il fuoriclasse argentino con indosso una divisa carceraria. E, come se non bastasse, al suo fianco è riportato in inglese un messaggio allarmante: «State combattendo uno Stato che non conosce la parola fallimento nel proprio vocabolario». Chiaro riferimento alla resistenza portata avanti negli ultimi tempi dall’Isis nei confronti delle forze curdo-siriane, ormai vicine a riconquistare Raqqa, la capitale del sedicente Stato islamico. Lionel Messi trasformato dall’Isis in un «prigioniero politico» SITE I PRECEDENTI Non è la prima volta che il terrorismo islamico mette nel mirino il mondo del calcio. Su Telegram, una delle più diffuse applicazioni di messaggistica istantanea utilizzate dai jihadisti, circola da tempo l’immagine di un soldato dell’Isis armato di tutto punto mentre sullo sfondo si vede il profilo della Volgograd Arena, uno degli stadi che l’anno prossimo ospiteranno i Mondiali. Un altro fotomontaggio raffigura un secondo terrorista che osserva il Luzhniki Stadium di Mosca, sede della finalissima. Minacce «mediatiche» da non sottovalutare dato che neanche due anni fa, il 15 novembre 2015, durante la partita tra Francia e Germania allo Stade de France di Parigi, tre kamikaze causarono la morte di altrettante persone.
LIONEL PREOCCUPATO Ma l’ultimo avvertimento in ordine di tempo dell’Isis mette sul «chi va là» Messi e tutta quanta l’Argentina. L’Afa (la federazione calcistica del Paese) ha manifestato una forte preoccupazione in vista delle due amichevoli che la nazionale albiceleste giocherà in Russia tra l’11 e il 14 novembre, mentre la famiglia della «Pulce» si è subito messa in contatto con l’Afa per chiedere misure di sicurezza più stringenti in vista dei prossimi impegni della Selección.