La Gazzetta dello Sport

«MIO FIGLIO CONTRO MARC: MA QUANTO CI SAREMMO DIVERTITI?»

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«Mi piace pensarlo. Vive con noi a Riccione, è intelligen­te, mi piace averlo vicino, io cerco di aiutare lui e lui mi aiuta a vivere tutti i giorni. Non sapevo avesse scritto queste cose».

È anche veloce.

«Sarà un campione, ma deve deciderlo lui. Quest’anno ha fatto un passo avanti esagerato, ha imparato tanto. Merito di Marco Grana, del team, merito mio, ma soprattutt­o suo: è riuscito a entrare dentro di noi, farsi rispettare. Gli vogliamo bene davvero come a un figlio».

Cosa gli manca?

«La romagnolit­à. Ma ci siamo quasi. Viaggiando con lui in Giappone ho capito il suo modo di essere e comportars­i. Mi sembrava assurdo, ma è la sua educazione, totalmente opposta alla nostra: da noi devi farti largo e dare spintoni, da loro il rispetto degli altri è fondamenta­le. Stamattina mi ha fatto ridere, arrivando al circuito due macchine ci hanno superato a sinistra sulla terra e lui: “Napoletani”».

Ripensando alla gara MotoGP in Australia, tutta sorpassi e lotte, molti hanno pensato che Marco ci sarebbe stato bene nel mucchio.

«La cosa che a me fa incazzare è che l’hanno massacrato per questo, per la sua irruenza, e ora va tutto bene. Ma sarebbe stato bello vedere Marquez contro Marco, ci saremmo divertiti».

L’affetto per il team Sic58 è grande, ovunque si corra.

«Non so più cosa dire. Quanti ragazzi sono morti? Tanti. Noi non abbiamo fatto nulla perché questo succedesse, è iniziato dal momento in cui Marco è morto. A cominciare dai malesi, gentilezza esagerata, da come ci ha trattato

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