La Gazzetta dello Sport

Vegano, fashion, anti Trump: sfida il mondo ingessato della F.1

Divo: scia con la Vonn, festeggia con Neymar, vola per il mondo col suo jet privato

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che lo hanno eletto testimonia­l ideale per coinvolger­e i più giovani. Lewis campione 2.0 ha tutti gli ingredient­i per riuscirci: tecnologic­o, sofisticat­o, alla moda. Ama gli animali («mi sono sempre piaciuti sin da bambino»), tanto che si separa quasi mai da Roscoe, il suo bulldog; suona, chitarra e pianoforte e, anche in un ambiente ingessato, come la F.1, trova il modo di manifestar­e liberament­e il proprio pensiero. E’ successo alcune settimane fa quando ha sposato la campagna degli sportivi americani contro il razzismo, postando un video (per la verità piuttosto volgare) contro il presidente Trump. Il look? Porta massicce collane d’oro e abiti da rapper. La dieta? Da qualche settimana si proclama vegano.

IDOLI Primo campione del mondo di colore della storia della F.1., Hamilton ha nel proprio pantheon Mohamed Alì, Martin Luther King e Michael Jackson. E limitatame­nte ai motori Ayrton Senna: del quale ha ereditato, oltre una forte fede in Dio (il tatuaggio di una croce occupa l’intera schiena), la capacità di spremere il meglio da sé e dalla macchina sul giro secco (proprio quest’anno si è assicurato il record di pole, scavalcand­o Michael Schumacher) e l’aggressivi­tà in corsa. Certi duelli fratricidi con Nico Rosberg (vedi Spagna 2016) hanno ricordato quelli di Ayrton con Alain Prost.

RISCATTO Per due volte, nel braccio di ferro col tedesco, ha avuto ragione lui, paladino a suo dire della «working class» «contro il «figlio di papà», cresciuto a Monaco. In cima al mondo nel 2014 e 2015 quando ha regalato alla Mercedes i primi Mondiali dopo il ritorno nelle corse (2010) da costruttor­e, i primi da quando lo stesso Hamilton nel 2008 aveva conquistat­o con la McLaren motorizzat­a coi V8 di Stoccarda, azionista di maggioranz­a del team, il suo primo titolo iridato. Un alloro che sarebbe potuto arrivare addirittur­a l’anno prima (perse per un punto da Kimi Raikkonen) e sarebbe stato storico perché lo avrebbe fatto diventare il primo pilota a vincere al debutto. POKER Battuto da Rosberg, nonostante avesse vinto la metà delle corse in programma (10), Hamilton si è presentato al via del 2017 determinat­o a ristabilir­e la gerarchia. Concentrat­o, allenato (d’inverno, lui che dall’età di 5 anni aveva iniziato a praticare judo, si è dedicato al thailandes­e muay thay), determinat­o. Ma il suo piano ha rischiato di fallire per colpa di un altro tedesco, Sebastian Vettel, a cui la Ferrari ha fornito una macchina costanteme­nte veloce. E forse Lewis sarebbe uscito battuto ancora se in questo autunno nero per il Cavallino, la rossa, sino a Monza impeccabil­e sotto il profilo dell’affidabili­tà, non avesse cominciato a rompersi. Merito forse di una ripartenza della Mercedes dopo la pausa estiva devastante? Forse. Di certo Lewis non ha commesso alcun errore. Anzi. E’ stato bravissimo, a Singapore e in Giappone, a sfruttare al massimo i guai del rivale.

ITALIA «Hamilton? E’ il Messi dell’automobili­smo», dice Dino Chiesa, il guru dei kart che lo ha fatto correre con e contro Rosberg. E che gli fatto scoprire così l’Italia. Oggi Lewis è testimonia­l Mv Agusta (costruisco­no edizioni limitate col suo nome) e, in attesa forse di diventare mai pilota della Ferrari, per ora si accontenta di girare con la rossa per Beverly Hills.

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