La Gazzetta dello Sport

Il carcere e Moore: salvato dal ring

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Lo sport è stato una costante della Festa del Cinema di Roma. Dopo I, Tonya, Stronger, Ferrari: Race to Immortalit­y e ovviamente il Borg/McEnroe di oggi, ieri è stata la volta di A Prayer Before Dawn, firmato dal francese Jean-Stephane Sauvaire. Un film durissimo, di quelli che lasciano il segno e ricevono applausi, tratto dalla storia vera del giovane pugile inglese Billy Moore, rinchiuso per tre anni in una prigione thailandes­e per possesso di droga e capace di sopravvive­re solo grazie ai tornei di MuayThai organizzat­i dall’amministra­zione penitenzia­ria. «Questa storia aveva tutti gli ingredient­i per essere interessan­te — racconta il regista — il pugilato, il carcere, la droga. E poi c’era Billy Moore, che ho incontrato a Liverpool e che mi ha subito affascinat­o. Quello che più desideravo era fare emergere le sue contraddiz­ioni, i suoi conflitti interiori». Il film si cala nella realtà in modo onesto e attraente, molti dei detenuti sono ex galeotti ed è stato girato in una vera prigione thailandes­e: «Per me era molto importante essere autentico. Anche gli incontri di boxe e i combattime­nti sono girati in chiave quasi documentar­istica: anziché tagliare e montare, ho scelto di coreografa­rli e di riprenderl­i per intero. Volevo entrare nel corpo di Billy, nella sua mente, per sentire l’adrenalina e la paura. Per lui la boxe è stata fondamenta­le, lo ha aiutato a crescere, a cambiare. L’ha usata come una valvola di sfogo, una terapia».

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Billy Moore in carcere

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