«Aru vuol dire show» SARONNI E UNA SCELTA DI CUORE
LA SUA UAE-EMIRATES È STATA LA REGINA DEL MERCATO: INGAGGIATI PURE KRISTOFF E DANIEL MARTIN. «NELLE CORSE BISOGNA ESSERE PROTAGONISTI, NON OPPORTUNISTI»
I l mago del mercato ha appena compiuto 60 anni, ed è più arguto che mai. Beppe Saronni ha sbancato il mondo del WorldTour con un colpo triplo: gli ingaggi di Fabio Aru, Alexander Kristoff e Daniel Martin. Come dire: grandi giri, volate e classiche del pavé, classiche delle Ardenne e Tour. Per portare la sua Uae-Emirates sul podio mondiale (adesso è 12a). Accompagnato dal figlio Carlo, team manager, l’ultimo vincitore della Sanremo in maglia iridata (1983) si ferma un paio d’ore in Gazzetta per spiegare come sarà il 2018 della formazione araba.
Saronni, cominciamo da Aru. Ha avuto modo di conoscerlo meglio nel raduno a Lugano.
«Un ragazzo talmente tranquillo e sereno che ha meravigliato tutti. Sicuro di sé, amichevole con tutti. E’ un corri- dore di carattere, molto deciso e grintoso, molto tenace, un lottatore. E, giù dalla bici, è esattamente l’opposto: grande pace, tranquillità, serenità».
Al di là del fatto che Aru sia uno dei top da giri, qual è il significato vero del suo ingaggio?
«Noi abbiamo bisogno di corridori vincenti, è vero, ma ancora più importante è come li fai questi risultati. E’ importante essere protagonisti nelle corse, non opportunisti. Se hai dato tutto e hai lottato in modo generoso, alla fine non conta più tanto la vittoria o la sconfitta, e Fabio è una figura emblematica da questo punto di vista. L’avete visto al Tour come si muoveva? Lo scatto, la vittoria, la maglia gialla? A livello internazionale sta diventando molto più riconoscibile per il suo modo di correre, per non aver paura di rischiare. Soffre, lotta fino in fondo, non ha paura di perdere. E come ha sfidato Froome? Questo è il modo di interpretare la corsa che voglio io: così vinci sempre, perché il tifoso ti apprezza. Se perdiamo queste caratteristiche e questi valori, abbiamo perso il ciclismo. La rivalità, la lotta, il testa a testa: portano interesse. E come Aru, per esempio, corre Nibali».
Che stagione farà Aru?
«Non abbiamo ancora deciso nulla. Aspettiamo anche il tracciato del Giro per capire. Certo, a Fabio piacerebbe moltissimo tornare alla corsa rosa che ha dovuto saltare quest’anno per l’infortunio. Così come mi ha detto che il Mondiale di Innsbruck è un suo punto fisso. E per uno come lui la Vuelta diventa un passaggio cardine. Il percorso del Mondiale lo andremo a vedere almeno un paio di volte: anche adesso, se lui vuole, ma soprattutto in primavera, quando avrà già una buona condizione. E poi gli ho voluto dare alcuni consigli».
Ci spieghi.
«Intanto deve correre di più, facendo gare anche senza partire con un obiettivo preciso di risultato. Aru deve essere di più in gruppo, deve spendersi di più soprattutto nelle corse di un giorno. Correre di più vuol dire anche tenere sempre viva l’attenzione che soltanto la gara ti dà: capire dove puoi arrivare, fare esperienza. Se vuoi lottare per vincere un giorno Lombardia o Liegi o Mondiale, devi sapere come muoverti e come correre. E poi più corri, più il tifoso ti segue e si appassiona a te».
Diventa veramente centrale il rapporto campione/spettacolo.
«Sì, perché io voglio un corridore protagonista, che entusiasmi il suo tifoso e conquisti l’appassionato. Il modo di correre di Aru è veramente bello, e in tre anni (la durata del contratto, ndr) vorrei che facesse crescere la squadra e ci portasse la vittoria in un grande giro. Avrà anche un gruppo suo: penso a giovani della stessa età come Conti, Polanc, Petilli (sta recuperando dalla caduta al Lombardia, ndr) e Ravasi».
Ultima domanda: come sarà la maglia tricolore di Aru?
«Penso a una soluzione simile a quella indossata da Nibali all’Astana, con le tre bande del tricolore in senso orizzontale, che fasciano il corpo. E il logo della squadra subito sotto». Il primo raduno a Siracusa, dall’8 al 17 dicembre: apripista Paolo Tiralongo, che è il nuovo responsabile della preparazione del suo amico Aru.
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