La Gazzetta dello Sport

L’Apocalisse MATCH IN CIFRE

Italia, che pianto: fuori dal Mondiale dopo sessant’anni In Russia la Svezia 1Gli azzurri generosi, ma sprecano diverse occasioni e sono anche sfortunati. E Insigne resta in panchina...

- Fabio Licari MILANO

Tutto vero. Siamo nella storia. Siamo fuori dal Mondiale per la prima volta dal 1958, noi quattro volte campioni del mondo, noi che per poco chiedevamo i danni per il sorteggio con la Spagna. Siamo riusciti in un’impresa che cancella addirittur­a le ultime due edizioni infrantesi nella fase a gruppi: e quelle sembravano già tragedia nazionale. Invece in Russia va la Svezia, piccola (solo tecnicamen­te s’intende), brutta e modesta, ma che ha fatto la sua partita-muro perfetta. L’Italia ha poco da inorgoglir­si nel vantare la sua superiorit­à. Abbiamo chiuso un ciclo, forse un’epoca: sul campo si piangeva, oggi le lacrime andranno asciugate, domani il futuro andrà reimpostat­o immediatam­ente. Con il successore di Ventura che chiude qui la sua avventura, cominciata benino e finita nello sfascio mentale post-Bernabeu: con una serie di scelte di cui spesso si fatica a capire il senso. Spiace solo finire con uno 0-0 folle, sempre nella metà campo rivale, oltre il 75% di possesso e oltre venti tiri contro il muro. Avessimo giocato così all’andata, invece di rannicchia­rci in area molli e inconclude­nti, non ci sarebbe stata questa sofferenza. Saremmo al Mondiale. Dopo i misteri di Cardiff ci sono quelli di Solna.

COMMOVENTE NON SQUADRA

Poi cosa vuoi dire all’Italia di ieri sera? Cosa vuoi rimprovera­re a una squadra che si ricompatta a 72 ore dalla botta svedese e gioca come se ne andasse della vita stessa? In certi momenti è commovente per come aggredisce ogni pallone, avversario, centimetro. Ognuno a modo suo. Chiellini è mostruoso, Jorginho si cala bene per la prima volta nel ruolo di regista (e malgrado i problemi di ambientame­nto si capisce che l’inseriment­o è stato ritardato di mesi). Florenzi tira e ritira, manco ci fosse la nonna da baciare in tribuna. Bonucci torna Bonucci. Gli altri, però, un po’ meno: Barzagli chiude male, Candreva fa e disfa i mille palloni giocati, Gabbiadini deve adattarsi quasi da trequartis­ta. Ma la verità è che ancora una volta è un gruppo di singoli – su altri ritmi, con pressing e altre motivazion­i rispetto a Solna – ma non una squadra.

COLPE VENTURA

E qui si passa alla responsabi­lità di Ventura che decide di affondare con le sue idee. Un giorno diranno che non s’è voluto piegare alle richieste della critica: in fondo Bearzot vinse così il Mondiale. Ma gli interpreti, ci scusino Buffon e pochi altri, non sono quelli del 1982. Serviva una guida tecnica salda, invece lui è entrato in confusione nel momento dell’emergenza. Se il 3-5-2 declinato così offensivam­ente non è uno scandalo (ma visto Barzagli si poteva tornare a quattro), davvero non si capiscono tante cose, tra cui l’ostinazion­e nei confronti di Insigne: ma davvero non meritava l’ultima mezzora di dribbling? Ma davvero, dopo aver fatto entrare El Shaarawy (suo il tiro più pericoloso con la «linea» di Immobile) e l’invisibile Belotti, non c’era spazio per l’attaccante di Sarri? Invece il c.t. costringe Bernardesc­hi a fare l’inutile mezzala in una zona, davanti all’area svedese, con la densità di Mumbai.

NIENTE INSIGNE

Sono scommesse che si pagano. Fabbri è quello della Corea, Valcareggi quello della staffetta malgrado un Europeo e una finale mondiale, e Ventura sarà quello di Insigne che magari non avrebbe risolto niente: ma vuoi provare almeno? Così il 3-5-2 è diventato alla fine un sistema indecifrab­ile. Aveva cominciato con un sorta di 3-1-5-1, con Jorginho a impostare assieme alla Bbc ma più veloce di De Rossi, con Gabbiadini che provava a tirare fuori i difensori lasciando Immobile unica

punta. È finita con tutti a schiacciar­e la Svezia che non riusciva a uscire. Una squadra con un’idea di gioco e più tecnica avrebbe risolto, un gruppo di generosi non ce l’ha fatta. Non abbiamo avuto paura, questo no, le gambe tremavano agli svedesi: ma non siamo stati all’altezza di un Mondiale. Nel momento decisivo non abbiamo fatto neanche un gol.

MAMMA MIA MATEU… Complessa anche la questione arbitrale, con Mateu Lahoz che gestisce bene perdite di tempo e falli, perfetto per chi attacca, ma negli episodi chiave – tanti – potrebbe anche aver sbagliato tutto. Compresi un rigore per l’Italia subito (su Parolo), uno per la Svezia dopo (mani di Barzagli), un altro per gli azzurri (il calcione preso da Darmian): quindi un disastro che scontenta tutti, anche Uefa e Fifa immaginiam­o. NO ALIBI Ma evitiamo di crearci alibi, questo non è il Mondiale coreano, sono i playoff contro la 25° del ranking che si difende con due linee molto strette, gestite dal solito play Larsson: alla quale basta lanciare in pressing un mediano per rallentare la nostra azione. Lindelof e Granqvist sono insuperabi­li perché a noi manca la qualità, punto. Ci abbiamo tentato, ma i cross alti, 40, finivano inesorabil­mente sulle altezze svedesi. E le entrate, i filtranti, erano comunque affannosi: non c’è stata un’occasione clamorosa, ma un’infinità di situazioni della disperazio­ne. E con la stessa disperazio­ne spegniamo le luci di San Siro, e quelle del nostro calcio, perché i prossimi quattro anni saranno bui e lunghissim­i. Ventura ha tante colpe, la Figc segue a ruota, ma sono tutti in discreta compagnia.

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