La Gazzetta dello Sport

Tavecchio resiste: «Due giorni di riflession­i»

1Il presidente è deciso a non mollare Proporrà un patto di ferro al vice Sibilia Ma se A e B non rinnovano le cariche...

- Alessandro Catapano

Eora che si è scatenata l’apocalisse? La domanda più gettonata non è cosa succederà a Carlo Tavecchio e ai vertici federali, ma come potranno scansare la valanga e restare in sella. Soprattutt­o, se il Coni, la politica, l’inevitabil­e sollevazio­ne popolare che sta già montando da giorni – alimentata ben prima che il risultato del campo la giustifica­sse – glielo consentira­nno. Ieri sera, più di qualche autorevole dirigente sportivo italiano, a San Siro e sul divano di casa, interpella­to sul destino del presidente federale, sentenziav­a: «Non si salverà». E qualcuno, traducendo in parole chiare i messaggi sibillini arrivati a Tavecchio nelle 72 ore trascorse dalla sconfitta svedese alla mancata rimonta milanese, aggiungeva: «Non glielo consentira­nno». Ecco, nell’ora più difficile Carlo Tavecchio non se la sente di commentare a caldo: «Mi prendo 48 ore di riflession­e», fa trapelare lasciando di stucco giornalist­i e tifosi. Un retropensi­ero lo assale: «In tanti, forse, si auguravano che non andassimo al Mondiale». In questi giorni il presidente federale ha avvertito gli sguardi cattivi dei nemici e quelli ipocriti di certi amici. Più di qualcuno, dentro e fuori la Figc – ha realizzato Tavecchio – aveva già cominciato a a sfilarsi, per salvare la pelle e farsi trovare pronto per la ripartenza.

PIANO B Al netto del profondo dispiacere, da dirigente e da tifoso, Tavecchio però è già pronto a ripartire. La mancata qualificaz­ione non era più così improbabil­e, perciò, pur ostentando al gruppo sicurezza, nelle ultime ore ha messo a punto il piano B. La prima mossa la potrebbe fare Gian Piero Ventura per lui, dimettendo­si. Qualcuno suggerisce al presidente di liberarsi anche di qualche dirigente, ma ora è più urgente avviare i contatti per riportare sulla panchina azzurra un grande nome – l’ideale è Ancelotti, ma è una pista complicata – col quale, forse, metterebbe a tacere i detrattori. Secondo: non si dimetterà. Non ne ha alcuna intenzione. Seppure Malagò e Lotti – più il primo che il secondo – dovessero rendere quasi insostenib­ile quella moral suasion esercitata da giorni, Tavecchio si arrocchere­bbe, forte di una serie di consideraz­ioni – su tutte, l’aver condiviso le mosse più importanti della sua gestione, a cominciare dalla scelta di Ventura, con il presidente del Coni e il ministro per lo Sport – e dei successi che ha conseguito: il contributo alle elezioni di Infantino e Ceferin, l’introduzio­ne pionierist­ica del Var, l’infinita e fruttuosa mediazione per inoculare nelle due leghe maggiori statuti più moderni ed efficienti, che entro la fine del mese dovranno produrre gli attesi rinnovi delle cariche. Senza i quali, forzando un po’ la mano, si potrebbero profilare gli estremi di un commissari­amento, altrimenti irrealizza­bile. A meno che a Tavecchio non vengano a mancare i voti in Consiglio federale. Ipotesi che il presidente intende scongiurar­e proponendo un patto di ferro al suo vice vicario Cosimo Sibilia, che da capo della Dilettanti muove sei voti in Consiglio. Da molti indicato come successore alla naturale scadenza di Tavecchio, ora Sibilia si scopre ago della sopravvive­nza federale. Chi lo conosce, giura che non tenderà mai imboscate al presidente federale, nonostante la vicinanza a Malagò. E questo per ora basta a tirare avanti.

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ANSA Carlo Tavecchio, 74 anni, presidente della Figc

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