La Gazzetta dello Sport

Anche De Rossi dice basta: «È un momento nero»

Pieno, incitament­i fino al termine. Poi i tifosi si sfogano e contestano mediano: «Atmosfera da funerale, ma non meritavamo di uscire»

- MILANO Mirko Graziano

Alle 18, quasi tre ore prima della partita, intorno a San Siro il traffico è di fatto già bloccato. File lunghissim­e poi ai cancelli, bandiere italiane ovunque, ma anche importanti macchie svedesi. I tifosi della banda Andersson confluisco­no in zona Meazza dopo aver sostato fino al tardo pomeriggio fra Duomo, piazza San Babila e Brera.

PRONOSTICI, TIMORI E CERTEZZE Sono parecchie le postazioni tv anche appena fuori dallo stadio, e gli assembrame­nti scattano automatici ogni volta che il giornalist­a della testata di turno prende la parola: cori, compagni nemmeno si sentono, azzurri coperti da applausi, Ventura preso di mira! Coreografi­a: all’ingresso del campo lo stadio diventa un’enorme bandiera italiana Grazie a 50.000 cartoncini colorati. Brutta figura: fischiato l’inno svedese. Sorpresa: Jorginho canta, anzi urla l’intero inno di Mameli. Si inizia. Spinta continua del popolo milanese, ma l’Italia non sfonda. «Metti Insigne!», urla a fine primo tempo la gente più vicina alla panchina di Ventura. Il napoletano resterà seduto per l’intera gara. Chiellini rientra per primo, applaude la gente di San Siro che ricambia. «Undici leoni, noi vogliano undici leoni...». Lottano i ragazzi, ma non trovano la porta avversaria. L’ultimo squillo è di El Shaarawy, poi è solo festa gialla. E l’Italia del pallone piomba nel dramma. S. Siro ha fatto il suo dovere, gli azzurri hanno deluso: zero reti in 180’ contro la Svezia. E a bocce ferme la gente si sfoga: tutto lo stadio insulta Ventura.

Quella di ieri sarà ricordata come l’ultima gara in Nazionale per molti ragazzi. Salutano sicurament­e Buffon, Barzagli e De Rossi, tre campioni del mondo che non avrebbero mai voluto lasciare in questo modo. In particolar­e, De Rossi non ha potuto nemmeno lottare direttamen­te, in panchina per 90’. E seduto è rimasto pure Lorenzo Insigne, acclamato dal popolo prima, durante e dopo la disastrosa serata di Milano, una delle peggiori pagine della storia azzurra. Fuori dal Mondiale: non accadeva da 60 anni, quando il torneo più prestigios­o del mondo si giocò proprio in Svezia e noi andammo a schiantarc­i in Irlanda del Nord. A un certo punto nel corridoio della mixed zone fatto parte di questo biennio c’è poco da dire. Bisogna ripartire dallo spirito che i miei compagni hanno messo in campo. Non meritavamo di uscire per quello che abbiamo fatto in questi 180 minuti. C’era un’atmosfera funebre che non si addice a una partita di calcio. Doloroso pensare che è l’ultima volta che mi sono tolto questa maglia». E sulle immagini televisive: «Abbiamo l’abitudine di fare riscaldame­nto tre per volta, io dicevo: dobbiamo vincere e fare gol, mandiamo gli attaccanti a scaldarsi. Avevo Insigne vicino e forse ho indicato lui. Era un discorso tattico, non è che non volessi entrare, mi scuso non ce l’avevo con nessuno, forse non spettava a me dirlo ma in quel momento era quello che sentivo». Ecco Bernardesc­hi: «Non andare al Mondiale è veramente qualcosa di tragico. È’ stato commovente vedere piangere gente come Buffon, Barzagli, Chiellini e De Rossi». Così Barzagli: «Un vero peccato finire così. Lasciare questo gruppo costa molto. Le lacrime dell’Europeo erano di sfogo, queste sono di rabbia. Lasciamo in quattro: io, De Rossi, Buffon e Chiellini». E il Chiello conferma: «Non so se continuerò».

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 ??  ?? Due immagini di tifosi a San Siro. A sinistra la delusione, a destra la speranza prima del match
Due immagini di tifosi a San Siro. A sinistra la delusione, a destra la speranza prima del match
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AFP, ANSA
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