La Gazzetta dello Sport

MILANO, RICORDATI ANCHE DI BEARZOT

Dopo la via intitolata a Valentino Mazzola

- di ALBERTO CERRUTI email: acerruti@rcs.it

I eri il Comune di Milano ha intitolato una via a Valentino Mazzola, leggendari­o capitano del Grande Torino, padre di Sandro e Ferruccio, scomparso ad appena 30 anni nella tragedia di Superga, il 4 maggio 1949. Il presidente granata Urbano Cairo, che coltiva il bene prezioso della memoria come aveva già dimostrato ribattezza­ndo Grande Torino lo stadio Comunale del suo Toro, ha applaudito l’iniziativa, ultima di una nuova serie. La settimana scorsa, infatti, a vent’anni dalla scomparsa, sono stati intitolati a Helenio Herrera i giardini di piazza Axum davanti allo stadio di San Siro, alla presenza della moglie e del figlio del Mago. Peccato che la cerimonia sia stata disturbata da due membri del comitato «Intitoliam­o una strada a Nereo Rocco», anche se è vero che il Paròn meriterebb­e di essere ricordato nella città dove è diventato il tecnico più vincente della storia del Milan, con 10 titoli.

Come già capitato per Giacinto Facchetti e Cesare Maldini, l’ideale sarebbe stato affiancare il suo nome a quello di Herrera per mettere a tacere tutti. Ma, comunque la si pensi, è giusto che i grandi sportivi del passato, come i grandi giornalist­i Brera e Montanelli, abbiano un angolo di Milano in cui siano ricordati almeno con una targa. E allora, ripensando alla Nazionale che ieri sera lottava per andare al Mondiale, perché nessuno è mai stato sfiorato dall’idea di intitolare un giardinett­o, una via, o una piazza a Enzo Bearzot, il mitico c.t. che ha portato l’Italia al titolo iridato nel 1982, col record di partecipaz­ioni ai Mondiali (3 nel 1978, 1982 e 1986) e il record di presenze (104) sulla panchina azzurra? L’obiezione che Bearzot era friulano non regge, per molti motivi. È vero che il Vecio era profondame­nte attaccato alla sua terra, ma Milano è stata la «sua» città, dove nel 1947 sul tram numero 3, in corso Italia, ha conosciuto la donna della sua vita, la dolce e discreta signora Luisa. Un anno dopo ha fatto il debutto in A proprio a San Siro, con la maglia numero 5 dell’Inter, contro il Livorno. E l’Inter per lui è sempre stata il «primo amore che non si scorda mai». Poi, dopo aver giocato con il Catania e il Torino, chiudendo come capitano granata, dal 1970 è tornato a Milano, prima in via Washington e poi in via Crivelli, a Porta Romana. Cinquant’anni vissuti a Milano, più di metà della sua vita chiusa a 83 anni, il 21 dicembre 2010, dove si è sposato e sono nati i suoi figli, i suoi nipoti, i suoi pronipoti. Bearzot amava passeggiar­e tra Porta Ticinese e Porta Romana, meraviglia­ndosi negli ultimi anni che qualcuno lo riconosces­se. A Milano si è svolto il suo funerale, con la bara del Vecio portata a braccia da Zoff e compagni, e vicino a Milano, nella tomba di famiglia della moglie, a Paderno d’Adda, ha voluto essere sepolto per non allontanar­si troppo da figli, nipoti e pronipoti. Ma soprattutt­o a Milano era tornato come campione del Mondo il 12 luglio 1982. Quella Milano scesa nelle strade con le bandiere tricolori nella notte precedente, senza distinzion­i di tifo tra interisti e milanisti. La stessa Milano che non può continuare a ignorarlo. Per la serie «meglio tardi che mai».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy