«Mi hai fatto da guida nel mio anno decisivo»
Caro Vittorio, auguri di cuore per i tuoi ottant’anni. Ma sei sicuro che siano così tanti? Ne dimostri di meno, porca miseria! Ti mantieni bene, sempre in grande forma, ma come fai? Ho cominciato a conoscerti più da vicino nel 1966, il giorno in cui… mi hai fatto perdere quel Giro di Lombardia stringendomi sulla pista di Como, quando vinse Gimondi. Ma naturalmente conoscevo già bene il tuo nome. Avevi vinto il Giro d’Italia nel 1965, eri un grande del ciclismo. Facemmo assieme un Giro del Belgio sotto la neve, non ricordo più in che anno, e nel 1968 riuscimmo a essere compagni di squadra alla Faema. Un anno solo, purtroppo, ma è stato l’anno in cui ho cominciato a vincere i grandi giri, l’anno in cui ho conquistato la tappa delle Tre Cime di Lavaredo al Giro d’Italia ipotecando la maglia rosa finale. Insomma, l’anno per me più importante. Tu eri un maestro perfetto. L’Italia in quel periodo nel ciclismo era davanti a tutti e mi hai sempre dato i consigli giusti. Alimentazione, materiali, tattica... È anche, o forse soprattutto, grazie a te se sono diventato molto forte, specie in salita. Sono convinto che se fossi rimasto con me in squadra avresti corso qualche stagione in più. Ma sono sicuro che non lo rimpiangi, Vittorio, perché tu sei sempre riuscito a fare le cose giuste nel momento giusto. È una dote che hanno i campioni. Tu lo sei stato. E lo sei ancora.